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Il Re può convivere con la Repubblica. Almeno in piazzaDi statue monumentali abbattute e dislocate è piena la storia. Negli ultimi decenni quanti Lenin, quanti Stalin, quanti Saddam Hussein sono stati abbattuti e giacciono in piazze e parchi, o sono stati fusi se di bronzo. Dunque non andò troppo male a Vittorio Emanuele II, visto che il suo monumento equestre fu spedito nell’esilio luminoso delle Cascine, appena fuori porta. Riaccoglierlo in piazza della Repubblica è un’idea che circola e che si riaffaccia – io stessa ne ho scritto in varie occasioni- e che ogni volta suscita un vespaio di pro e contro, per i motivi politici e culturali che conosciamo. Il mio contributo, ora, vuol essere solo di riflessione, ma non in termini di Re o Repubblica, di Risorgimento o Resistenza. Piuttosto, sul disagio estetico che da oltre cent’anni affligge il cuore del nostro centro: sintomi, diagnosi, possibili terapie.
Non è un caso che in questi ultimi mesi, mentre si ragiona anche in toni alti delle imminenti trasformazioni del centro storico fiorentino, si torni a ricordare (parlo in nome di un manipolo di storici dell’arte) quello che il centro era stato per secoli, prima delle demolizioni ottocentesche e prima della guerra. Ben quattro libri ricchi di immagini, di Emanuele Barletti, Marilena Tamassia, Maria Sframeli, rievocano la città vecchia con i suoi muri medievali e rinascimentali, i suoi spazi a misura d’uomo, il popolo minuto degli abitanti. Quel mondo di cui Telemaco Signorini e uno stuolo di fotografi ripresero la meticolosa cancellazione, documentata come un agghiacciante scenario di guerra urbana nel libro di Maria Sframeli per Polistampa, che sarà presentato nella Biblioteca degli Uffizi il prossimo 12 dicembre. La piazza centrale nacque dalla creazione di un vuoto, camuffando con la chirurgia estetica del tempo una cicatrice mal rimarginata, che duole tuttora. Perché, non nascondiamocelo, il trauma per la perdita del centro antico (un pezzo dell’identità civica) non fu e non è superato. Da qui le recenti inquietudini, sintomi di un’insofferenza che va forse diagnosticata in termini di nostalgia, per ciò che ci fu sottratto, di pentimento per lontane decisioni non nostre, di cui viviamo però gli effetti.
Un’ipotesi terapeutica?Quella che mi suggerisce il mestiere, mio e dei miei colleghi, che spesso comporta “cure” estetiche di ricucitura di ciò che il tempo ha lacerato: la riunione di opere d’arte create insieme e poi separate, il ripristino di immagini scomposte, in cui investiamo saperi e risorse. Per la Piazza della Repubblica fu adattato un modello d’eccellenza, quello della piazza della SS. Annunziata, l’unica vera piazza rinascimentale di Firenze, fondata sulla rigorosa simmetria di un impianto prospettico incardinato nel monumento equestre. Per riequilibrare la piazza della Repubblica, la “cura” ideale sembra restituirle il suo cardine, il monumento equestre originario. Anche per ridare un senso all’arcone centrale, che oggi inquadra solo il vuoto o una seminata di presenze commerciali. Re e Repubblica insieme, perché no: una stratigrafia visibile della storia d’Italia.
Data recensione: 07/12/2007
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Cristina Acidini