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Non sembri un paradosso: Firenze continua a cambiare, ma resta immobile, dall’identità sbiadita, nonostante sia in atto un’altra “evoluzione urbanistica”. Nonostante l’arrivo di una tramvia “ammazza-traffico” con il suo pieno di

Le immagini dell’antico centro medievaleTrecento foto della città “scomparsa” tra il 1892 e il 1895 nel bellissimo volume di Maria Sframeli edito da PolistampaRestituita alla memoria quella che fu la città di Cimabue, Giotto e Dante. Un documento agghiacciante sulle grandi demolizioni«Fu una lenta agonia di chiese e palazzi che, come un cadavere su cui fare l’autopsia, vengono dissezionati e analizzati pezzo per pezzo»Non sembri un paradosso: Firenze continua a cambiare, ma resta immobile, dall’identità sbiadita, nonostante sia in atto un’altra “evoluzione urbanistica”. Nonostante l’arrivo di una tramvia “ammazza-traffico” con il suo pieno di velocità e la speranza, per alcuni, che qualcosa possa finalmente mutare. Ma la Firenze che ora abbiamo davanti ai nostri occhi è anche eredità - per niente preziosa – di ciò che la soprintendente del Polo Museale Cristina Acidini definisce «un bombardamento senza bombe, in una guerra non dichiarata e fratricida, l’ultima, forse di una serie interminabile...». Una guerra che non causò morti ma distrusse un tessuto urbano unico, intriso di memoria. Uno dei tanti scempi nell’antico centro storico avvenne nel 1881 con le prime demolizioni delle costruzioni nell’area del Mercato Vecchio; il colpo di grazia il 2 aprile 1888 con l’approvazione, preceduta da un dissenso non solo locale, ma europeo, di uno scellerato piano di risanamento che frantumò il cuore medievale. La trasformazione di quello che doveva diventare un agglomerato moderno era da tempo iniziata. Passati i fasti di Firenze Capitale d’Italia e dopo gli estesi interventi urbanistici del progetto Poggi, si continuò a distruggere. Ma fu davvero rivoluzione? Cosa hanno portato quei «bombardamenti senza bombe» nella città di Cavalcanti, di Cimabue, di Giotto e di Dante Alighieri? Quello che accadde è testimoniato da oltre 300 lastre fotografiche eseguite fra l’agosto del 1892 e il dicembre del 1895 per documentare il prima e il durante la gran demolizione, voluta per ragioni di «decoro urbano» e «igiene sociale». Sono state ritrovate negli archivi del Gabinetto Fotografico della Soprintendenza del Polo Museale, e ora accolte in un bellissimo volume edito da Polistampa, da Maria Sframeli, direttore del settore documentazione della Soprintendenza al Polo Museale fiorentino. Si intitola Firenze 1892-1895. Immagini dell’antico centro scomparso e a sfogliarlo ci commuove. Vengono i brividi davanti alla vista del Duomo e del Battistero dopo l’abbattimento delle case dei Pecori e del Ghetto. La luminosità del marmo stride con lo scuro della terra scavata, delle pietre ammassate, di ciò che resta - ancora per poco – dei caseggiati lungo via dei Calzaiuoli. Così scrive Antonio Paolucci nella sua prefazione: «Sono le immagini a parlare, silenziose e impietose. Mostrano una città totalmente priva di figure umane, deserta di vita, ferma nel tempo sospeso». «Una Pompei del XXI secolo» per Maria Sframeli, «una lenta agonia di chiese e palazzi che, come un cadavere su cui fare l’autopsia, vengono dissezionati e analizzati pezzo per pezzo, per scoprire il sottopelle, quel groviglio di nervi, muscoli, vene, che insieme danno la vita». Come ricorda ancora la Sframeli, per far fronte al clamore che i duri giudizi espressi nei circoli culturali e sulla stampa avevano sollevato, la Giunta Comunale il 23 marzo 1888 aveva nominato una Commissione Storico Archeologica con l’incarico di eseguire studi e ricerche e soprattutto di fotografare «le cose di qualche importanza». Queste fotografie sono dunque l’unica testimonianza della città medievale, modificata nel corso dei secoli ma intatta nel suo assetto urbanistico. «È forse la prima volta in cui la fotografia fu usata a scopo documentario. E invero non si tratta di belle immagini, ma di una documentazione agghiacciante. Gli antichi palazzi venivano scoperchiati, i muri scalcinati per riportare in vista antiche finestre o porte romaniche, antiche decorazioni murali e quant’altro veniva alla luce anche fortuitamente». Via i labirinti di strade e piazzette dove passeggiarono grandi artisti, via stemmi, lapidi, capitelli, via le tantissime botteghe un tempo frequentate dal Brunelleschi, via i palazzi con le pareti dipinte. Impressionante l’inquadratura che testimonia lo sventramento delle case occupate nel Quattrocento dalle botteghe dell’Arte dei Medici e Speziali su via Calimala o il palazzo arcivescovile «in agonia» in Piazza San Giovanni. O ancora i «lavori in corso» al Palagio dell’Arte della Lana e del Palazzo degli Strozzi in via degli Anselmi. Memorie e bellezze, abbattute senza pietà. Se può esser di consolazione, restano queste immagini in bianco e nero, requiem di un passato che oltre a leggere sui libri, possiamo ora vedere e continuare a chiederci se è valsa la pena cancellare le tracce di quando Firenze aveva davvero una sua identità.   
Data recensione: 03/01/2008
Testata Giornalistica: Il Giornale della Toscana
Autore: Lorella Romagnoli