chiudi

FIRENZE "Ricordati di me che son la Pia: Siena mi fe’, disfecemi Maremma". Chi è questa donna, diafana come un fantasma e precisa nelle sue tre righe di storia, che Dante evoca nel V Canto del

Un romanzo ricostruisce la storia della donna che infiammò poeti e cantastorieFIRENZE "Ricordati di me che son la Pia: Siena mi fe’, disfecemi Maremma". Chi è questa donna, diafana come un fantasma e precisa nelle sue tre righe di storia, che Dante evoca nel V Canto del Purgatorio, tra i morti per forza, figure storiche del Duecento? È Pia de’ Tolomei, saremmo pronti a rispondere. Andiamoci cauti, invece: bisogna saperne di più su un’ombra femminile, apparsa dai duri anni del XIII secolo: una vittima? un mito? Non a caso Gianna Nannini, senese cantante rock, e non solo, sta componendo un’opera lirica sulla Pia, il cui testo "bruscello" in ottava rima, come le rappresentazioni popolari del contado toscano, introdotte da un ramoscello, è composto dalla scrittrice lucchese Pia Pera.Inoltre Gianna annuncia l’album "Pia come la canto io", dicendo: "La storia di Pia mi appartiene da sempre, da quando ero piccola e sentivo le sue vicende narrate dai contadini, che si sfidavano in ottava rima, proprio come si fa nel hip-hop oggi". Ma questa nostra Pia non nasce da fantasia di poeta, è proprio figura storica della storia toscana medievale: dove la sua vicenda sta scritta, nera su bianco, nelle carte del tempo.
Vogliamo provare a seguirne le tracce, non studiando manoscritti antichi e documenti degli storici, che pure da anni si sono pronunciati, ma leggendo il romanzo appena uscito "Matrimonio di sangue" di Mario Sica. Nel libro la nostra eroina è la senese Pia di Ranuccio de’ Malevolti, che andò sposa giovanissima a Tollo degli Alberti, signore del castello di Prata di Maremma. Il matrimonio, sigillo della pace concordata tra gli Alberti e Siena, è documentato negli atti del tempo. Qui compare Nello de’ Pannocchieschi, signore de La Pietra e di altri castelli, che fece la parte di mediatore delle nozze accompagnando la Pia "inanellata pria" fidanzata, dal futuro sposo.
La storia, sempre documentata, riporta, 3 o 4 anni dopo, l’assassinio di Tollo da parte dei nipoti. È il 1285, ne seguono feroci eccidi nei territori da Pitigliano a San Galgano per la supremazia dei castelli, sotto l’apparenza di lotte fra guelfi e ghibellini, tutti trasformisti che di più non si può. E la nostra signora, giovane e bella, vaso di coccio fra vasi di ferrro? Nella prefazione al libro, il medioevalista Franco Cardini sostiene che "Mario Sica ci invita a un gioco. La storia proposta è attenta alle vicende del tempo, ma ha un ritmo - nostro -, contemporaneo, da film o da fiction televisiva. Chi è ghiotto di storie, e di storie della nostra bella terra Toscana è servito".
Dunque la Pia affronta situazioni di terribile rischio, prigioniera degli assassini del marito nel suo castello, da dove riesce a far fuggire le sue bimbe grazie all’aiuto rocambolesco di un tenace e fedele giullare, il Berretta. E senza giullare, si sa, non c’è Medioevo. Nasce un amore tra la gentildonna e il gagliardo giovanotto. Lui intanto diventa esperto uomo d’arme del Pannocchieschi, mentre lei è condotta da un castello a un altro: un pò per timore della sua potente famiglia di Siena, un pò perché il Pannocchieschi, sanguigno e guerresco, la protegge. Con un colpo di mano, o meglio con una fune di lenzuola, il Berretta la fa fuggire di nuovo, verso la sua casa in Siena.
Sfilano personaggi aspri, bellicosi o voltagabbana, i signori dei vari castelli tutti nemici fra loro, Guido da Montfort emissario del re Carlo d’Angiò, Ghino di Tacco il bandito, gli Aldobrandeschi di Sovana e di Santa Fiora, le dame vispe e decise scesce dagli affreschi, e certi frati agenti dei servizi segreti e doppiogiochisti e vaganti per le campagne.
Dov’è l’adulterio, che i critici letterari inventano come la colpa "romantica" della Pia, se Dante la mette in Purgatorio, tra le vittime dei tempi violenti? Perché accusare senza prove il Pannocchieschi di uxoricidio, se pochi anni dopo i fatti sua figlia Bianca andò in sposa a un Tolomei?
La fine di Pia tuttavia non è lieta, anzi era nota anche a Dante: "disfecemi Maremma", terra di malaria allora mortale, con rumor di spade costante, corto il vivere, la morte appresso a tutti fin dalla culla.
Data recensione: 26/07/2007
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Milly Mostardini