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Com’era complicata la moda nel ’500. Vesti, zimarre, cappe, calzoni, berrete, busti d’acciaio e di velluto. Basta dare uno sguardo agli inventari

Zimarre, cappe, berrette, busti di acciaio e di velluto, ecco come vestiva la moglie di Cosimo I de’ Medici, bella, elegante e – considerati i tempi – spregiudicataCom’era complicata la moda nel ’500. Vesti, zimarre, cappe, calzoni, berrete, busti d’acciaio e di velluto. Basta dare uno sguardo agli inventari del guardaroba di Eleonora di Toledo, la bella moglie di Cosimo I, per capire che a fatica sarebbero bastati a contenerli i giganteschi armadi di Palazzo Vecchio a Firenze. Era stata lei, Eleonora, a portare una ventata di novità nella città toscana in quel 1539, quando era andata sposa al baldo duca Cosimo I. lei diciassettenne, lui ventenne, innamorati e promessi in matrimonio da quasi quattro anni, pronti a rivoluzionare la città, lui con la politica, lei con il suo fascino spagnoleggiante e gli abiti meravigliosi che non solo facevano gola alle dame di corte, ma a tutto il bel mondo internazionale. Eleonora, figlia di don Pedro Alvarez de Toledo, nominato viceré di Napoli nel 1532, era cresciuta a Napoli arrivata dalla natia Spagna. Lusso, sfarzo, una reggia da mille e una notte. Bella, altera, gli occhi scuri e fermi, un tantino imbambolati, era giunta a Firenze, accompagnata da un nutrito seguito, decisa a svecchiare quella città ancora intrisa del sangue e del verbo di Savonarola. E anche un po’ antiquata, bisognava ammetterlo. Un esempio? La colta, coltissima poetessa Laura Battiferri, moglie di Bartolomeo Ammannati, era vestita quasi come una monaca. Bronzino la ritrae nel 1557-58, addobbata secondo la moda fiorentina del 1540: acconciatura ad anello intorno al capo di capelli posticci (mazzocchio), veste dall’ampio scollo con rigonfiamenti nella parte alta delle maniche (baragoni) maniche di colore diverso e un po’ triste, camicia chiusa intorno al collo, una “foggia da ostesse e infranciosate” o semplicemente bigotta. La signora si salvava con quel bottoncino della camicia, gli spilli d’oro sul velo e la raffinata catena. Per il resto una noia, come il suo lungo naso maschile che piaceva molto a Bronzino, che prediligeva gli uomini alle donne. No, Eleonora, voleva essere bella, elegante e anche spregiudicata, considerati i tempi. Proprio come le nobildonne spagnole o delle maggiori corti europee, che vestivano di velluto o di broccato di seta, con sottana, veste con belle maniche e, se il caso, sopravveste (zimarra) in tinta, lunga e ampia, allacciata con alamari. Una foggia moderna, d’oltralpe, adattata al gusto toscano, per non urtare la sensibilità di quella città difficile, che non l’aveva troppo in simpatia. Per esempio, poteva andare bene, per tutti i giorni, un abito di raso rosso, come quello della nobildonna toscana Lucrezia Panciatichi, una delle dame più in vista a corte, abituata a muoversi, con il marito mercante d’alto bordo, tra Francia e Italia. Ma tutto modernizzato, naturalmente. Lucrezia, ritratta da Bronzino nel 1540 circa, era vestita secondo la moda degli anni ’30, con un bell’abito di raso rosso, scollato e impizzetato, i famosi baragoni, le maniche in tinta diversa e il solito mazzocchio. Eleonora, ritratta da Bronzino pochi anni dopo, nel 1543 circa, si fa fare dalle sue sarte un bell’abito di raso rosso, apparentemente simile, in realtà molto diverso. È infatti tutto decorato d’oro e di perle, con le maniche del vestito (sottana) staccate e assicurate alla spalla con puntali preziosi, i baragoni si riduco, per permetterle di indossare sopra altri capi con maniche. Dall’abito spunta una sottile camicia nera, ricoperta da una rete d’oro, coordinata a una rete (scuffia), decorata con perle, che raccoglie i capelli naturali e non posticci. E poi anelli, orecchini di perla. Eleonora odiava il nero, le piacevano il rosso, o le tinte raffinate come il grigio, il viola, l’oro, il bianco, il marrone (tané). Per le occasioni c’erano abiti di velluto sofisticati, di grande effetto, ma non stracarichi, come quello, straordinario, con cui la ritrae Bronzino nel 1545 con il figlioletto Giovanni. Immobile come un’icona, la duchessa è rivestita da una sottana di velluto bianco operato con ricci d’oro e d’argento e arabeschi marroni. Si trattava di uno dei tessuti più costosi prodotti a Firenze, dai filati rari e preziosi, e una lavorazione complessa e difficile che solo pochi artigiani sapevano fare. Ma di abiti eleganti, Eleonora ne aveva a decine, di seta, lana, broccato, rosso viola (pagonazzo), bordeaux, marrone, bianco. Tutti copiati dalle numerose dame di corte italiane e straniere. Ma chi li confezionava? A corte c’era un vero e proprio atelier, con artigiani di alto livello tecnico-estetico. C’erano tessitori e tessitrici, come Madonna Francesca e il genero Raffaello e Piera di Lorenzo. Cucitrici e ricamatori come la bella Cassandra e Lisabetta, il sarto Agostino, bravissimo, e tante altre persone. Gente che passava la vita a raccogliere pezze di oro, broccati e damaschi, senza perdere o sciupare nulla, ma riciclando tutto. Viene però una curiosità: sotto gli abiti, che cosa portavano Eleonora e le donne del tempo? Sleep, mutandoni, o altro? E qui arrivano le dolenti note: sembra che usassero calzoni grandi e grossi, desunti dal guardaroba maschile e usati dalle prostitute, come quello in lino ricamato, un po’ grossolano, con la scritta “voglio il core”, conservato al Museo del tessuto di Prato. Si sa che Eleonora ne possedeva uno in taffetas rosso e che altre regine e nobildonne ne avevano molte, in broccato d’oro o in stoffe fini. Ma il peggio non erano certo i mutandoni. Una vera tortura erano i busti in acciaio, ricoperti di tessuto, come quello realizzato per Eleonora nel 1549 da un abile corazzaio fiorentino, maestro Lorenzo, per farla stare ritta e aiutarla a sostenersi, visto che le numerose gravidanze (dieci) e la tisi, lenta ma inesorabile, tendevano ad afflosciarla. Il busto (imbusto di sotto) appiattiva il seno e permetteva agli abiti di presentare meglio pieghe, arricciature e decorazioni. Eleonora aveva anche busti morbidi fatti per tenerle caldo, come quello in velluto rosso trovato nella sua tomba (morirà di malaria nel 1562) con scollatura quadrata e strette spalline laterali, chiuso interiormente da diciotto ganci metallici. Di questo tipo gliene erano stati confezionati tredici tra il 1547 e il 1548, insieme a quelli per le numerose figlie, che vestivano più o meno come lei, ma in modo ancora più moderno, con civettuoli colletti alzati alla francese. Isabella, per esempio, ritratta da Mirabello Cavalori tra il 1557 e il 1558, a quindici anni circa, rialza con grazia il colletto in pizzo della camicia, che spunta dall’abito di taffetas turchino, con un bel bustino francesizzante. Era la nuova moda, bisognava seguirla.Il libro
Per chi ne vuole sapere di più sulla moda del ’500 e soprattutto sui segreti del guardaroba di Eleonora di Toledo, c’è un bel libro Moda a Firenze 1540-1580. Lo stile di Eleonora di Toledo e la sua influenza, di Roberta Orsi Orlandini e Bruna Niccoli, edito da Pagliai Polistampa (Firenze, 2005, pp. 252, euro 58,00), con testi in italiano e inglese e ottime illustrazioni. Il volume è importante, non solo perché svela uno spaccato di vita e di gusto della corte fiorentina dell’epoca in relazione a quelli delle corti europee, ma anche perché dotato di un ricco apparato documentario. Sono state infatti le ricerche d’archivio sui “Quaderni di Guardaroba”, registro degli oggetti e dei capi di vestiario commissionati e acquistati dalla corte medicea, permettere di ricostruire il ricco guardaroba di Eleonora, delle dame di corte e delle figlie, di cui rimane traccia anche negli splendidi dipinti di Agnolo Bronzino, Alessandro Allori, Jacopo Ligozzi e altri pittori.
Data recensione: 01/06/2007
Testata Giornalistica: ARTEiN
Autore: Maurizia Tazartes