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Che la cultura religiosa di Boccaccio sia estesa e complessa è un dato di fatto che emerge sempre più evidente grazie a non pochi recenti…

Che la cultura religiosa di Boccaccio sia estesa e complessa è un dato di fatto che emerge sempre più evidente grazie a non pochi recenti studi: Antonio Fatigati indaga ed espone in un linguaggio preciso e nello stesso tempo accessibile ai non specialisti alcuni dei più singolari e profondi aspetti della teologia implicita nella narrativa decameroniana. La sua operazione non può evitare una condivisione polemica contro la persistente vulgata presentazione del Boccaccio «autore licenzioso da leggere arrossendo o sogghignando» (p.121): una interpretazione ingannevole del Decameron messa in circolazione dai censori ecclesiastici del secolo XVI, preoccupati di difendere l’immagine del clero così impietosamente criticata dal Boccaccio. Al contrario il Decameron è «un’opera di grandiosa speranza» fondata sulla meditazione di alcuni dei punti più nuovi e complessi della teologia degli ordini mendicanti. Il libro è ben costruito in due parti: la prima (“Tra fine dei tempi e nuovo inizio”) indica gli «strumenti teologici», dalla quaestio all’exemplum, utilizzati dal Boccaccio, che maneggia abilmente, come è ben noto, anche le tradizioni agiografiche e devozionali. La seconda parte, più impegnativa e analitica, è invece dedicata alle «novelle teologiche», le prime tre della prima giornata, dove si tratta di «cose catoliche», e prende poi in particolare collaborazione l’ultima, la famosissima storia di Griselda che conclude i racconti della brigata. Precede un breve capitolo (“Per iniziare”) dove l’autore riassume con semplicità divulgativa la teoria letteraria del Boccaccio che nella Genealogia deorum gentilium e nelle Esposizioni sopra la Comedia di Dante pone sullo stesso piano poesia e teologia: presupposto necessario e fondante per le linee interpretative di questo saggio. I commenti e gli studi sulla novella di Ciappelletto (Dec. I 1) hanno insistito sulla teatralità parodica e beffarda della falsa confessione, dimostrando convincentemente che Boccaccio utilizza i manuali per i confessori e conosce perfettamente la dottrina scolastica del contrito; Fatigati nota acutamente che il centro ideale della novella è nello sconvolgente successo del falso san Ciappelletto, che diventa mediatore di autentici miracoli, e in tal modo dà un esempio della «assoluta libertà di Dio nel realizzare la volontà di condurre a sé ogni uomo» (p. 75). In questa prospettiva «al centro della novella non vi è il peccatore Ciappelletto, che pure ne è il protagonista, ma il popolo di Dio», la possibilità che le preghiere «che il popolo rivolge al falso santo non vadano perdute» (p. 66). Sono, queste, acute e nuove informazioni fondate su precisi riferimenti alla teologia più avanzata degli agostiniani e dei francescani. Boccaccio conosce non solo Duns Scoto e Guglielmo di Ockham ma il loro discepolo di Adamo di Wodeham, che è «la porta attraverso la quale Boccaccio studente a Napoli e allievo di Dionigi a Borgo Sansepolcro entra in contatto entra con la teologia francescana» (p.72). Proprio Adamo definisce in termini nuovi la creatività divina come libertà radicale, illimitata, non impedita da un ordine, seppure voluto da Dio stesso, la potentia Dei absoluta. Alla amorosa volontà divina, alla «benignità di Dio» (Dec. I 2,3) si oppone il deliberato rifiuto della salvezza deciso lucidamente da Ciappelletto. Su questo sfondo di matrice agostiniana si innesta la riflessione di Adam de Wodeham, la sua minuziosa analisi del reciproco potenziamento di volontà e di azione peccaminose, una sinergia che genera una «piacere ulteriore» rispetto a quello offerto dalla tentazione e dalla colpa iniziali. Questa disposizione del peccatore è esemplificata nel sinistro ritratto di Ciappelletto, il quale – si ricorderà – falsifica gli strumenti notarili gratuitamente, rende testimonianze false «con sommo diletto»,  prova «oltre modo piacere» quando semina discordie e scandali tra amici e parenti, «volunterosamente si offre a ferire e a uccidere»: «Come in un ricalco, Ciappelletto pare dunque essere l’espressione perfetta dell’idea di de Wodeham di come atti esterni e interni si equivalgono e di come il male si autoalimenti» (p.74).
Data recensione: 01/01/2022
Testata Giornalistica: Studi sul Boccaccio
Autore: Carlo Delcorno