Pubblicato nel settembre 2020, il saggio del fiorentino Pier Paolo Benucci (già docente di Lettere negli istituti superiori)
Pubblicato nel settembre 2020, il saggio del fiorentino Pier
Paolo Benucci (già docente di Lettere negli istituti superiori) si presterebbe
a sin troppo scontati collegamenti con la stringente attualità di una pandemia che,
a distanza di mesi, appare tutt’altro che debellata. Non li fa, i collegamenti,
l’Autore (e non intende farli il recensore), lasciandone la facoltà al lettore;
anche perché quasi cinque secoli non sono trascorsi invano per azzardare paragoni
e analogie fra vicende così distanti cronologicamente. Prima di arrivare a
Firenze nel 1630-31 (e, in una seconda ondata, meno virulenta della precedente,
nel 1632-33), la peste aveva colpito varie zone della penisola, al nord e in
parte al centro, la cui Milanese, verrà dalle pagine dei «Promessi Sposi». Come
già quasi un secolo prima, fu ancora l’esercito imperiale (i lanzichenecchi del
sacco di Roma del 1527) a trasmettere l’epidemia (che provocherà a Firenze 12
mila vittime, su un totale di 72 mila abitanti). Non si limita comunque ai dati
numerici il breve saggio di Benucci, ma fornisce anche una concisa panoramica
sullo stato delle conoscenze scientifiche, agli inizi del ’600, circa le cause
delle epidemie (per lo più individuate nell’aria malsana che si respirava nelle
città soprattutto nel periodo estivo, anche se persistevano correnti di
pensiero che tiravano in ballo le influenze astrali) e l’organizzazione sanitaria,
la Magistratura della Sanità creata nel 1527, chiamata a dirigere il lavoro di
medici e cerusici nei lazzaretti e nelle abitazioni private. Il tutto viene
corredato da preziose testimonianze di prima mano, tra cui risalta la «Relazione
del contagio stato in Firenze l’anno 1630 e 1633», pubblicato nel 1634 da Francesco
Rondinelli, dove non mancano critiche ad alcune misure adottate dalle autorità nella
lotta contro la peste e, più in generale, alle precarie condizioni di vita
delle classi popolari. Prevalentemente di carattere personale, invece (anche se
con interessanti notizie sulla vita quotidiana della Firenze del tempo e sulla
stessa epidemia), i contenuti di alcune lettere inviate, tra il 1630 e il 1633,
a Galileo Galilei dalla figlia Virginia, suora di clausura, con il nome di suor
Maria Celeste, nel Monastero delle Sorelle Povere di San Matteo in Arcetri.
Data recensione: 01/07/2021
Testata Giornalistica: Storia in Rete
Autore: Guglielmo Salotti