I conflitti connessi alla “modernità” sono oggi diffusi in tutti i credi. Insieme però alla fiducia in una vera e propria “missione”
I
conflitti connessi alla “modernità” sono oggi diffusi in tutti i credi. Insieme
però alla fiducia in una vera e propria “missione” dei cristiani nel mondo. La
lunga, complessa conversazione di Francesco Bigazzi col Patriarca Kirill,
Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, ne è la prova. Alle spalle del
religioso un lungo calvario familiare fatto di persecuzioni e deportazioni nei
gulag sovietici per difendere la fede. Una situazione che colpì duramente tutte
le chiese del suolo russo fino al crollo del comunismo. Quando quel regime
crollò – i luoghi di culto ricominciarono ad aprire, i vescovi e i sacerdoti a
ritornare dalle prigioni e dai lager, fu di nuovo possibile pregare, battezzare
i figli, ricevere i sacramenti – la Chiesa Ortodossa si trovò di fronte due
problemi fondamentali da affrontare: voltare pagina con il periodo sovietico,
modernizzare l’apparato per fronteggiare la rinascita della religione nel
paese. E il Patriarca Kirill puntò soprattutto a ritessere un rapporto tra le Chiese
Ortodosse e le altre religioni – prima fra tutte le relazioni con la Chiesa Cattolica
di Roma. Come scrive Francesco Bigazzi, il Patriarca Kirill negli ultimi venti
anni ha svolto un ruolo fondamentale nella vita intellettuale e culturale
russa, collaborando attivamente con varie strutture dello Stato soprattutto a
livello legislativo. Tra l’altro, sotto la sua direzione è stato elaborato il
documento sui fondamentali della concezione sociale della Chiesa Ortodossa
russa, adottato dal Concilio giubilare dei vescovi nel Duemila. A lungo è stato
impegnato attivamente nel dialogo interortodosso ed è stato impegnato nelle
attività ecumeniche della Chiesa russa e all’interno di commissioni teologiche interortodosse
di dialogo ortodosso-cattolico e ortodossoprotestante. Convinta e dichiarata la
sua posizione di non interferenza reciproca nei rapporti tra Stato e Chiesa;
nonché di convinto difensore dei valori conservatori in contrapposizione al
liberalismo dell’Occidente, nonché dell’identità nazionale russa. Quale, oggi,
la missione della Chiesa nel mondo? Il Patriarca Kirill non ha dubbi:
innanzitutto perseguire la pace all’insegna della solidarietà e il servizio
reciproco. Vincere le disuguaglianze e imparare a pregare «non solo per noi
stessi», contrastare col buon esempio la tendenza di oggi a una vita priva di
Dio che verte sull’eliminazione del concetto di peccato dalla coscienza
pubblica e approda all’abbandono, in molte nazioni europee, della loro identità
cristiana. «Se la libertà diventa relativa – afferma Kirill – allora diventa
permissività, perché solo la morale è in grado di limitare e dirigere verso il
bene una scelta libera della persona»: la globalizzazione, la laicità senza
punti di riferimento morali e l’utilitarismo si scontrano con le tradizioni
culturali nazionali che hanno in comune la storia e le radici spirituali cristiane.
Quanto alla libertà, secondo il Patriarca essa è un grande dono di Dio, un’opportunità
di scelta, ma «Dio non ci ha programmato solo per il bene» altrimenti sarebbe
venuto meno il libero arbitrio, cioè l’opportunità di scegliere tra il bene e
il male. Il dialogo del giornalista col Patriarca tocca tutti i temi più
sensibili della società odierna – dal rapporto tra la Chiesa e la società alle
sfide moderne del progresso, alla globalizzazione e alla misericordia appaiata
alla giustizia terrena, dalla situazione in Ucraina all’Ortodossia in Cina,
alla collaborazione tra le varie fedi (tra cui il dialogo con i Protestanti)
fino al terrorismo e al dramma della persecuzione dei Cristiani. Avvicinare i
popoli divisi dai diversi credi è, da molti anni, uno degli obiettivi delle
varie Chiese del pianeta. Tra tanti segni tangibili: in Palestina i salesiani
hanno costruito una cantina, “Cremisan”, diretta da don Pietro Bianchi, proprio
a questo scopo. È un’azienda che produce vini e nella quale lavorano cristiani
e musulmani: 170 mila bottiglie vendute ai ristoranti (anche quelli con cucina
ebraica). La gamma dei vini si chiama “Star of Bethlehem”, la stella cometa.
Opera, al suo interno, anche un forno che distribuisce pane ai poveri. L’attività
è amministrata da un convento costruito nel 1885. Vi si celebrano anche
matrimoni di ogni rito. Culture e religioni diverse ma nel segno della fraternità
e nell’armonia della natura.
Data recensione: 01/04/2020
Testata Giornalistica: Nuova Antologia
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