Nessuna quanto Oriana Fallaci è stata così amata e ammirata da milioni di lettori, e altrettanto odiata dalla critica politicamente corretta
È appena uscito un saggio dedicato alla Fallaci e alle sue
battaglie combattute a colpi di penna. Compresa quella per le musulmane vittime
di crimini orrendi
Nessuna quanto Oriana Fallaci è stata così amata e ammirata da milioni di
lettori, e altrettanto odiata dalla critica politicamente corretta. Una che non
era di sinistra, e neppure femminista. A partire dagli anni Settanta, dopo aver
bruciato i reggiseni, molte donne in crescendo di emancipazione professionale
marciavano urlando lo slogan «io sono mia». Eppure, nessuna appartenne a se stessa
quanto Oriana Fallaci, che detestava gli “ismi” ma amava l’umanità.
Singolare e meritevole che ad apprezzarla in questo senso oggi sia una giovane
studiosa palermitana, nata nel 1992, Giorgia Medici, laureata in filologia
moderna, che ha appena pubblicato «Raccontare è testimoniare- Oriana Fallaci e
la scrittura del dissenso» (Mauro Pagliai editore, pag.130, euro 15). La Medici
è una ragazza di oggi che va alla scoperta di un gigante al femminile, e ci
conduce in un viaggio ricco di inedite sottigliezze. Con un dato fondamentale: Oriana
non aveva mai accantonato la donna, il coraggio di vivere tutto con passione,
non scindendo mai il privato dal professionale,amando e soffrendo, battendosi accanto
agli uomini e anche contro di loro, odiando ed esaltando, insultando o blandendo,
ferendo o accarezzando, perché questa è la vita, e di conseguenza anche il
principio sacro del giornalismo, che del vivere è uno specchio. «Pervicace,
pervasiva, poliedrica», così è definita Oriana nell’introduzione alla “visita
guidata”, che Giorgia Medici ci invita ad intraprendere con lei.
Suddiviso in tappe esistenziali più che capitoli, si comincia con le note
biografiche: nata a Firenze il 26 giugno 1929, ragazzina durante la seconda
guerra mondiale, Oriana a soli diciassette anni inizia una collaborazione con Il Mattino dell’Italia Centrale, poi con
l’Europeo: quindi il trasferimento a
Roma, il creativo tuffo nella Dolce vita, il primo “salto” all’estero, vola a
Theran indossando il chador per intervistare Soraya, in un mondo dove le donne tacevano
e basta,ma lei riuscì a far parlare l’imperatrice triste «descrivendone i
silenzi, gli sguardi e i movimenti del capo», la capacità di Oriana nello
svelare i personaggi era proprio questa. E avrebbe continuato per tutta la
vita.
I reportage
A tale proposito, è lucida l’analisi dell’autrice nel capitolo «L’arte di
narrar notizie nei reportage di Oriana Fallaci». L’anno dopo approda negli
Stati Uniti, un’inchiesta a puntate divenne un volume pubblicato da Longanesi con
il titolo I sette peccati di Hollywood,
e Orson Welles ne fu così affascinato da volerne scrivere la prefazione. I
viaggi si susseguano, ci sarà un reportage sulla condizione femminile in Medio
Oriente di pari passo con travagliate relazioni sentimentali, scrive Penelope alla guerra, storia dell’emancipazione
di una giovane sceneggiatrice, in gran parte autobiografica. Con un lungo
soggiorno alla Nasa produrrà una serie di articoli diventati una raccolta prestigiosa,
Quel giorno sulla luna. Sino a diventare
inviato di guerra in Vietnam, dove tutti i giornalisti allora avrebbero voluto
andare: ma nessuno, soprattutto nessuna, aveva il suo talento, il coraggio di buttarsi
negli scontri a fianco dei soldati, e lei diventò un’icona, mentre amava il
giornalista francese Francois Peleu, direttore dell’Agenzia France-Press di
Saigon, descritto come «un bel giovanotto dai capelli grigi e il corpo
d’atleta, il volto duro e attento, due occhi cui non sfugge nulla, insieme dolorosi
e ironici». Finirà con una lite violenta, seguirà l’amore con Alekos Panagulis,
leader della resistenza greca contro il regime dei colonnelli,ma per quanto
fosse innamorata di lui avrebbe faticato a reggere la convivenza di tipo
matrimoniale,molto divertente il modo in cui la descrive, come una fatica e una
noia, quel vederselo sempre davanti, da mattina a sera, da diventare matti. Ma
dopo la tragica morte di Alekos diventa la sua vedova e gli dedica Un uomo. L’ex Francois la rimpiange e
dirà che lo ha scritto soltanto per far dispetto a lui. Ma la più forte delle
“profezie” giornalistiche di Oriana sarebbe stata quella sul pericolo islamico che
incombeva sull’Occidente, al quale nessuno voleva credere. Lo predicò sino alla
fine, quasi anticipando i sanguinosi attentati in Europa: ma quel suo
femminismo “vero” dove sta?
BEST SELLER
Soprattutto in Lettera a un bambino mai
nato, un best-seller mondiale, dove la creatura tenuta in grembo si rifiuta
di venire al mondo, per paura della vita e per non complicare quella della
madre. Ma sta anche nella difesa delle donne musulmane vittime di crimini
orrendi, spesso ignorati dalle femministe occidentali. A volte impegnate soltanto
nella «vanità della guerra fra i sessi». La sintesi precisa e folgorante di tutto
questo? Un concetto pubblicato da Vittorio Feltri in un articolo del 15
settembre 2011 su Il Giornale, cinque
anni esatti dopo la morte per «i cancri», come lei descriveva la sua malattia:
«Feroce e generosa, questa è la mia Oriana». Racconta il loro primo incontro al
Corriere della Sera, quando lei gli chiese una sigaretta, e poi si fumò tutto
il pacchetto. Nel 2005 la Fallaci scrisse per Libero, fondato da Feltri nel 2000, facendo impennare le vendite.
Diventarono grandi amici, litigarono furiosamente. Nei tanti e gustosi e
ritratti che il direttore ha spesso “disegnato” sulla Fallaci (fondamentale
quello pubblicato nel suo libro Il
borghese), emerge fra l’altro che la specialità della più grande inviata era
dire e fare il contrario dei suoi simili. C’era anche questo fra le ragioni
della sua grandezza.
Data recensione: 28/05/2020
Testata Giornalistica: Libero
Autore: Bruna Magi