Stefano Orsolini ha la gentile perseveranza di chi è ancora a tutti gli effetti un ventenne
Ventiquattro anni, spiega di essere stato ispirato dalla
città. «Con la scrittura un rapporto di amore e odio»
Stefano Orsolini ha la gentile perseveranza di chi è ancora a tutti gli effetti
un ventenne. E ha quell’irruenza garbata che spesso e purtroppo si perde con
gli anni, e con il confronto struggente con la realtà.
Nato a Lucca nel 1995, sportivo e studente universitario, è autore di due libri
(ma senza particolari smanie: «per quanto riguarda la scrittura – precisa – non
ho né progetti né ambizioni»), e sarà all’Auditorium della banca del Monte di
Lucca il 2 maggio alle 18 insieme a Sara Missorini e Marisa Cecchetti per
presentare proprio il suo ultimo lavoro, “Crudezza”, pubblicato dal piccolo
editore Mauro Pagliai (pp. 240, 12 euro). Il testo, arrivato dopo “La vittoria
dei perdenti” del 2015, racconta di donne del passato e del presente, in
contrapposizione a un uomo modesto e spesso banale, con l’ambizione di puntare
l’indice contro gli abusi e le violenze nei confronti del sesso femminile. Un
testo ambizioso, dove Lucca non esiste, al contrario del primo lavoro di
Orsolini dove era ampiamente presente.
«Lo era molto – ribadisce Orsolini –, ma non posso dire che mi abbia ispirato.
Mi sento innamorato di Lucca in quanto mia città. Qui sono nato e cresciuto e
non mi sono mai trovato male. Di questa città, in particolare, amo l’eleganza e
la raffinatezza, ed anche, se posso azzardare, quel suo piccolo accenno di
malinconia». Tutto della città appartiene a questo sorridente ragazzo dagli
occhi e dai capelli scuri: «La mia infanzia – continua - si divide tra Sant’Angelo
e San Donato, dove ho frequentato le scuole elementari e dove ho sviluppato i
miei primi ed eterni legami di amicizia. In seguito sono stato alle scuole
medie di San Concordio, per poi approdare al Liceo scientifico Antonio
Vallisneri, dove ho trascorso gli anni più belli della mia vita, facendo nuove
amicizie e vivendo esperienze uniche».
Parla in un modo estremamente genuino, di chi non ha sovrastrutture, o almeno
tale pare. L’assolutezza dei suoi vent’anni è in ogni frase. «Attualmente –
continua – studio psicologia all’Università di Firenze. Se penso al mio futuro
in ambito universitario spero di riuscire a conseguire la laurea magistrale in
psicologia clinica al più presto, per portare a termine il primo passo di
questo lungo percorso. La scrittura si intreccia, molto spesso, con la mia passione
per la psicologia. Mi piace scavare nell’animo umano, cercare di capirne lo
spirito e di raffigurare i desideri e le passioni che ci tengono aggrappati
alla vita, ma anche le paure e le ansie che, dalla vita, ci allontanano».
Gli domando se ricorda – secondo la migliore tradizione letteraria – il momento
in cui la passione gli si è rivelata nella sua essenza. Lui ci pensa, e poi:
«Non riesco a rintracciarlo, questo momento preciso. Vedo il rapporto con lei,
la scrittura intendo, come un rapporto di amore e odio, un rapporto che sfiora
la violenza. Il primo ricordo che vede protagonista un foglio e una penna
invece, riesco a localizzarlo: ero alle elementari e mi piaceva scrivere delle
piccole poesie a mia madre, in occasione del suo compleanno». Allora gli chiedo
quali siano i suoi autori preferiti, lui mi spiega che al momento non sa dirlo,
ma sa bene i tre romanzi che più gli sono piaciuti: “Il Lercio” di Irvine
Welsh, “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera e “Luce d’estate
ed è subito notte” di Jon Kalman Stefansson. Domando, allora, che cosa cerchi
in un romanzo, in un testo che legge, in un’idea che accarezza per forgiarla in
romanzo. «Penso – nota - che in un libro si cerchi evasione, che non vuol dire
assenza di pensieri, anzi. Si cerca qualcosa che ci metta in armonia con la
vita, o con la visione che noi abbiamo della vita stessa. Si cerca, leggendo un
libro, di prendere un lapis e sottolineare una frase che sembra messa lì
appositamente per noi. Nei libri, come nella scrittura e nella vita, si cerca
sempre qualcosa che ci rispecchi o che sia l’opposto di noi. In sostanza, credo
che nei libri e nella scrittura, si cerchi verità».
Data recensione: 28/04/2019
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Flavia Piccinni