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Sarà presentato il 13 gennaio, alle 17, a Palazzo Blu il libro “Orazio Gentileschi, astratto e superbo toscano” di Maurizia Tazartes (Mauro Pagliai Editore), che ha ricevuto

Sarà presentato il 13 gennaio, alle 17, a Palazzo Blu il libro “Orazio Gentileschi, astratto e superbo toscano” di Maurizia Tazartes (Mauro Pagliai Editore), che ha ricevuto il 3 dicembre scorso una segnalazione d’onore al XXXIV Premio Firenze (Sezione C. Saggistica Edita). È l’unica monografia sul pittore, dopo quella inglese di R. Ward Bissel del 1981. L’artista, penalizzato in vita, ma anche in morte, dal successo folgorante della celebre figlia Artemisia, ha finalmente una sua ribalta. Chi era Orazio Gentileschi, il pittore pisano nato nel 1562 (e non nel 1563) figlio dell’orafo fiorentino Giovan Battista Lomi Gentileschi? Uno dei più sottili e originali interpreti di Caravaggio, da cui si allontana per seguire una sua luce chiara e raffinata, anticipando Vermeer, come aveva notato nel 1916 Roberto Longhi, il primo a riscoprire il pittore nell’articolo “Gentileschi padre e figlia”. Un artista che non dimentica mai la sua origine toscana, l’interesse per il disegno e la forma. Ma anche un tipo dal carattere litigioso e permaloso, sempre insoddisfatto, alla ricerca di una corte in Europa, che lo celebri come Rubens o van Dyck, suoi rivali. Ma niente da fare, Gentileschi lavora a Roma, nelle Marche, a Genova, a Parigi alla corte della regina Maria de’ Medici, in Inghilterra presso Carlo I, dove agisce anche come agente segreto, ma non riesce a ottenere le soddisfazioni di altri celebri artisti. Il libro ricostruisce l’esistenza e l’attività del pittore, sullo sfondo di un’Europa del Seicento, attraverso opere, documenti, carteggi, cercando di riannodare i punti oscuri e rilevare le svolte del linguaggio artistico. Dalla prima formazione ancora manieristica nella bottega di famiglia a Pisa nei primi anni Settanta del ‘500, al viaggio a Roma, dove si trasferisce imberbe nel 1576 alla ricerca di una propria strada. Nella capitale riesce ad imporsi, lavora nei cantieri papali e per committenti di tutta Italia. Ha una sua vivace casa-bottega, dove passano personaggi potenti, ambigui e scellerati. Morta la moglie, alleva quattro figli, tra cui la precoce Artemisia, ragazza intrigante e dotata in pittura più dei tre fratelli maschi, che lavoreranno come agenti e mercanti d’arte. Conosce Caravaggio, lo frequenta dal 1600 al 1603, adottandone la rivoluzionaria pittura dal modello reale, che stava affascinando tutta Roma. Sarte, lavandaie, pellegrini, scalpellini, ripresi dal vero, si trasformano in Madonne allattanti, Giuditte, Danae, Cleopatre, San Girolamo nei dipinti di Gentileschi. Ad aiutarlo c’è la figlia che, a diciotto anni, è già un’abile pittrice. Nel 1611 lo stupro di Artemisia da parte del pittore Agostino Tassi e nel 1612 il processo intentato da Gentileschi contro il violentatore cambiano i destini. La figlia emigra a Firenze e diventa un’apprezzata pittrice del granduca. Il padre, che ha perso charme, cerca impieghi presso signori dei dintorni. Ospite dei prestigiosi Savelli ad Albano Laziale, realizza per loro straordinari ritratti, scene sacre, eroine, suonatrici, dai timbri luminosi ormai già lontani da Caravaggio. Poi, la ricerca ossessiva di affermazione, il lavoro nelle Marche, ma anche diversi rifiuti da signori e principi di Pesaro, Roma, Firenze, Venezia. Il soggiorno a Roma diventa ancora più complicato dal ritorno nel 1620 della figlia, con cui Gentileschi non va d’accordo ed entra in competizione. Sino alla ventata favorevole da Genova dove, grazie al giovane patrizio Giovanni Antonio Sauli, il pittore si trasferisce nel 1621. Nella città ligure dipinge per i collezionisti Sauli, Gentile, Cambiaso e Doria. Un’attività ricostruibile attraverso gli inventari delle collezioni, visto che quasi tutte le opere sono state disperse in musei stranieri o sul mercato.
Data recensione: 03/01/2017
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: ––