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È necessario che ci sia una certa disuguaglianza tra gli uomini, questo è vero – scrive Pascal – ma, una volta accordato ciò, ecco la porta aperta al più forte dominio

È necessario che ci sia una certa disuguaglianza tra gli uomini, questo è vero – scrive Pascal – ma, una volta accordato ciò, ecco la porta aperta al più forte dominio, ma anche alla più estrema tirannia ». L’Accademia di Digione indice per l’anno 1754 un concorso sull’origine della disuguaglianza tra gli uomini, «noto soprattutto per il discorso inviato da Rousseau che, pur non essendo stato premiato, ha però oscurato, per il suo pregio intrinseco e la fama dell’autore, i contributi degli altri partecipanti al concorso » (p.11). Giuseppe Barbini, storico delle idee, studioso dei fermenti intellettuali dei secoli XVII e XVIII, ricostruisce sulla base di documenti attentamente vagliati gli aspetti più significativi dell’evento. Il lavoro si concentra, come recita il sottotitolo, su Le ragioni della disuguaglianza e della sua critica da Grozio a Rousseau, e si rivela come un denso capitolo di storia del pensiero giuridico, politico, economico, sociale: dal quale vengono ai lettori d’oggi suggerimenti e moniti da non trascurare. Una storia che nella sua più profonda sostanza è attualità viva e anche urgente. La disuguaglianza – quella economico-sociale e politica – oggi raggiunge livelli scandalosi: conoscerne la genesi e lo sviluppo è strumento efficace per ridurne i tristi effetti. Barbini ci accompagna nella lettura dei temi presentati al concorso con pertinenti note introduttive e ricche osservazioni critiche, impostate in due sezioni, quella dei fautori della disuguaglianza (la maggior parte) e quella dei suoi critici (Anonimo, D’Argenson, Rousseau).
Ampio il discorso dei fautori della disuguaglianza (l’abate Talbert, canonico e accademico di Besancon, è il vincitore del concorso): tutti partono da quesiti pressanti e si sforzano di trovare una risposta soddisfacente. Si domanda Etasse, studente di diritto, ritenuto degno di menzione: «Nati da uno stesso padre, plasmati con il medesimo fango, animati dallo stesso alito del creatore, perché tutti gli uomini non sono uguali?» (p.69). Bibbia in mano, si ricostruisce il rapporto Diouomo, che all’origine è tutto limpido e gioioso; poi interviene il peccato, che è corruzione e crea disarmonie. L’uomo nel corso della storia lotta per superare tale situazione incresciosa e complessa, per uscire dalla miseria, per riconquistare dignità. I critici delineano il loro pensiero con analisi storiche e riferimenti, talvolta radicali, sempre sostanziati di concretezza, alla forza del diritto: D’Argenson condanna «gli istituti che tendono a creare privilegi e barriere sociali che ostacolano l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge» (p.87).
I primi due capitoli del saggio (Natura e società, Economia e società) sono dedicati alle fonti moderne del diritto. Si ripercorre la storia del diritto da Hobbes a Bossuet, da Fleury e Fénelon a Lahontan e Gueudeville, da Mandeville a Turgot. Profili tutti magistralmente resi: emerge in tutta la sua robusta statura la figura di Ugo Grozio, umanista, ricco di cultura classica e di sensibilità biblica, caposcuola del giusnaturalismo.
Data recensione: 08/02/2017
Testata Giornalistica: L’Avvenire
Autore: Francesco Pistoia