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La biografia che Cosimo Ceccuti ha dedicato a Giovanni Spadolini a vent’anni dalla scomparsa si segnala per più di una ragione. La più immediata è l’affetto dell’antico allievo

La biografia che Cosimo Ceccuti ha dedicato a Giovanni Spadolini a vent’anni dalla scomparsa si segnala per più di una ragione. La più immediata è l’affetto dell’antico allievo che affiora a ogni pagine senza peraltro velare una ricognizione veritiera intorno alla parabola intellettuale e politica dell’uomo in grado di riunire insieme il ruolo dello storico, del direttore di grandi giornali e poi dello statista (presidente del Consiglio, più volte ministro, presidente del Senato). Ne emerge il quadro di un’Italia non troppo lontana nel tempo eppure già remota, in cui la lezione di Spadolini richiama scenari ormai dissolti. Una Prima Repubblica già in crisi tentava la via della rinascita, fra le tragedie degli “anni di piombo” e l’esperimento dei governi pentapartito a guida laica (prima Spadolini, poi Craxi) che segnarono buona parte degli anni Ottanta. Il “decalogo” per la riforma delle istituzioni ideato dal leader repubblicano durante il mandato al Palazzo Chigi era un tentativo, forse il primo, di dare un risposta positiva e complessiva all’involuzione istituzionale. Non se ne fece nulla, come è noto, e la Repubblica perse un’occasione. Pochi anni prima Spadolini aveva colto fino in fondo lo sconvolgimento rappresentato dall’omicidio di Aldo Moro, a cui era legato da forte amicizia. Da quel momento data lo sforzo di dare una più incisiva rappresentatività all’aerea laica allargata, come ipotesi per avvicinare l’alternanza delle forze politiche alla guida del Paese. Il volumetto presenta un ricco apparato iconografico, utile per rivivere fatti e personaggi di quella stagione. Nella prefazione il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi offre un ritratto di Spadolini sul filo dei ricordi: «Personalità forte e fortemente consapevole di sé, al tempo stesso capace di sorprenderti con lati imprevedibili. Ecco allora lo studioso severo, lo storico rigoroso, l’intellettuale dal giudizio affilato cedere il passo, come ebbe a osservare Bobbio, allo scrittore di facile vena, chiaro, elegante, dotto senza pedanteria, sempre ben documentato in virtù di una memoria prodigiosa e di una straordinaria rapidità nel raccogliere informazioni e di una non meno straordinaria capacità di ritenerle». Sempre fedele, aggiungiamo, all’idea-guida secondo cui cultura e politica non possono essere disgiunte se si vuol rendere un buon servizio alle istituzioni.
Data recensione: 07/09/2014
Testata Giornalistica: Il Sole 24 Ore
Autore: Stefano Folli