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Dalla Lucania all’America. Partito da Sant’Arcangelo di Potenza, Federico La Rocca ha vissuto fino agli anni Novanta in Argentina. Giovane e coraggioso

Dalla Lucania all’America. Partito da Sant’Arcangelo di Potenza, Federico La Rocca ha vissuto fino agli anni Novanta in Argentina. Giovane e coraggioso, con il pianto negli occhi, le immagini del suo paesino natale nella mente e una potente nostalgia sbarcata con lui a Buenos Aires, l’emigrante Federico, sappiamo grazie al suo diario reso pubblico per volontà del nipote Matteo Di Pierro, dal ’48 costruì una vita intera fuori dalla sua Basilicata. Ché i tempi erano di povertà assoluta, in Lucania. E solamente carezzare le stradine fascinose del borgo natio non dava pane. Facendo da battistrada, inoltre, a parte della sua famiglia, oltre che raggiungendo tanti precedessori. “Tengo due bandiere: la verde, bianca e rossa quella Italiana e quella Argentina celeste e bianca come i colori del cielo. Se qualcuno mi domanda quale ami di più, gli rispondo: voglio bene a tutte e due con lo stesso affetto ed amore”, riferì ai posteri Federico, poco prima che la sua candela si spegnesse per sempre. Un esempio per chi viene e chi vuole ancora andare. Perché, per esempio, Federico La Rocca riuscì a riprendersi anche la cittadinanza italiana. Seppur dopo decenni di sacrifici praticati alla “fine del mondo”. Più promesse inevase d’almeno un paio di rappresentanti istituzionali italiani nel corso di lunghi anni. Persona semplice, Federico fu uno dei tantissimi che dovette farsi forza per superare le colonne d’Ercole del mare che dalla sua Sant’Arcangelo mai aveva, ancora, conosciuto. E adesso il suo diario può esser accolto e sventolato a mo’ di carta d’identità simbolica da porre nelle tasche di tutte le persone, vedi i migranti confinati nel nostro ex Belpaese o i continui partenti dei nostri territori in arretramento costante, che documenti non ne hanno proprio; oppure se li hanno, son spesso carta straccia. Un messaggio da leggere e rileggere agli studiosi e amministratori delle leggi speciali contro i venuti al mondo nostro e, contemporaneamente, a quella Svizzera che ha recentemente scoperto quanto e come le migrazioni dall’Italia sono molto più d’un evento occasionale. Si chiamo legami. Tutti. Per queste ragioni la storia di Federico La Rocca, non a caso raccolta in una dedicata collana della Pagliai, è tutt’altro prova d’un’esistenza di terza classe. In alcune pagine dell’agile libretto, La Rocca ci spiega e rammenta come si viaggiava in grandi e lerce navi. Assecondando i pruriti del caldo atroce con la freschezza d’un sogno da avverare. (Ancora una volta le immagini dei migranti che cercano le sponde italiane salgono fortemente). Ma al contempo pure come ci si possa innamorare d’una terra nuova, quando ovviamente questa dimostra la bellezza dell’accoglienza. Invece che l’emarginazione. Al posto del respingimento, ideale e reale che sia. Se insomma è messa al bando l’esclusione. Di Pierro premette che comunque suo zio nelle memorie scarta l’ipotesi di farsi carico delle traversie politiche argentine, però forse in quanto lo zio emigrante si poneva l’obiettivo di ringraziare l’ospitalità del popolo senza scrivere un’opposizione ai martorianti regimi. Frasi sentite e ingenue, forse. Una scrittura riparata dal pericolo, al contempo, della retorica e della ricerca vana d’una forma estetica. Pagine quindi attuali, e soprattutto capaci d’insegnar valori indispensabili.
Data recensione: 23/02/2014
Testata Giornalistica: Quotidiano della Basilicata
Autore: Nunzio Festa