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Tutto si è detto e scritto di Marghera, delle sue fabbriche, dell’inquinamento, dei suoi morti da amianto e da cloruro di vinile monomero, ma nessuno finora era riuscito ad immergersi

Fabio Amadi presenta “Gli dei se ne vanno”

Tutto si è detto e scritto di Marghera, delle sue fabbriche, dell’inquinamento, dei suoi morti da amianto e da cloruro di vinile monomero, ma nessuno finora era riuscito ad immergersi nella melma in cui si agitano i dannati della terra, per raccontare proprio “da sottoterra” le storie dei figli di un posto maledetto dimenticato anche da Dio e dagli uomini. Ci riesce Fabio Amadi con questo “Gli dei se ne vanno” – da una canzone degli Area, il cui titolo si completa con “gli arrabbiati restano” – che racconta la banalità della vita che si perde in se stessa, senza futuro, senza riscatto. E così le storie di Kriminal e Ammoniaca, di Bolla e Tobbi el Pantera, diventano un modo per raccontare la parabola di una generazione perduta - peraltro già descritta mirabilmente da Gianfranco Bettin nel suo primo romanzo, “Qualcosa che brucia” del 1989. È la generazione di Fabio Amadi, quella che cresce con le prime lotte operaie, che fa i conti con l’emarginazione e la miseria, che capisce subito che la fabbrica non è il futuro e il riscatto, pur con il suo posto sicuro, ma la dannazione e la perdita di senso della vita. Una generazione che si perde per strada, che non riesce a tirarsi fuori dal gorgo di una modernità che ti abbaglia e poi ti ammazza con l’alcool o la droga. «C’è chi si è fatto travolgere dall’eroina, chi è diventato invisibile ed ha impugnato una pistola, chi ha rinnegato il passato e senza guardare in faccia nessuno si sta arrampicando per far carriera» scrive Amadi nel suo libro. Ecco, chi vuole capire Marghera, dopo aver letto Bettin e Ferruccio Brugnaro, deve immergersi in questo “Gli dei se ne vanno” che viene presentato oggi, alle 18, a Villa Erizzo da Bettin e Roberto Lamantea.
Data recensione: 11/06/2013
Testata Giornalistica: Il Gazzettino
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