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«Ci sono luoghi che amano definirsi per sottrazione. Sono territori in bilico, liminari, irrisolti, squilibrati. Trieste è uno di questi posti.

«Ci sono luoghi che amano definirsi per sottrazione. Sono territori in bilico, liminari, irrisolti, squilibrati. Trieste è uno di questi posti. Qui la Storia è passata come le piene stagionali di un fiume, lasciando i suoi detriti lungo le sponde, quei confini mobili dove si sono mischiate e si mischiano tante genti, tante culture, tante guerre». Ci sono città che ben si adattano a quel genere letterario che si chiama reportage narrativo. Scritture dove lo sguardo si fa indagine, giornalismo autenticato dalla pazienza, artigianale lavorio sulla ricomposizione di un’immagine, lavando via lo stereotipo, per ricomporre lo specchio rotto. L’ultimo libro di Pietro Spirito è un baedeker anomalo. Una panoramica, una Spoon River di luoghi defunti, della città in cui lui – giornalista de «Il Piccolo» – vive da ormai molti anni. Una seconda pelle, urticante a volte, di cui scoprire, come un detective disarmato, le ferite, i sottofondi, gli echi, le allusioni, gli equivoci. In sella alla sua vecchia Kawasaki 500, lo scrittore ci conduce, senza sbandate o accelerazioni (mantenendo, anzi, un basso continuo che diventa voce senza tempo) in quello che è un vero e proprio viaggio letterario all’interno del cuore polveroso della vecchia città asburgica. «Trieste è un’altra» che l’editore Mauro Pagliai pubblica nella bella collana intitolata «Non guide», si presenta come un pendolo sempre in bilico tra un passato troppo mitizzato e un presente immobile. Romanziere di talento, attratto da tutto ciò che è ricoperto da patine (alghe, oceani, polveri d’archivio), autore di libri come «Un corpo sul fondo» e «L’antenato sotto il mare» (entrambi editi da Guanda), Spirito ripercorre alcuni dei luoghi-simbolo di Trieste e dintorni, posti per lo più esclusi dai circuiti turistici, alcuni dei quali sconosciuti agli stessi triestini, dove però si possono rintracciare i caratteri più autentici della città. Girovagando tra magazzini dell’antico scalo marittimo attivo all’epoca dell’Impero asburgico e bunker dei tempi della Guerra Fredda, togliendo le ragnatele a stazioni ferroviarie in disuso con le loro atmosfere degne di Hrabal o a ex campi profughi, traversando valichi di confine, Spirito compie un ideale tour alla ricerca di un senso capace di ricomporre in un disegno comune i volti segreti di Trieste, anima sfaccettata e affilata di una città nata dalla modernità, ma che alla modernità stenta a tornare. Dal Porto Vecchio all’ex Hotel Balkan, dalla stazione di Montebello ai camminamenti segreti di Villa Necker, un viaggio che è anche un interrogarsi, dieci tappe dentro una città ossessionata da tempo; quello perduto, abitato dai fantasmi del mito e quello che sfugge in un presente eternamente di frontiera.  
Data recensione: 10/12/2011
Testata Giornalistica: Gazzetta di Parma
Autore: Davide Barilli