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Il personaggio. Fin da quando aveva 14 anni è stato apprezzato dal grande Luzi. Una volta, parlando di lui e del suo talento, un giornale intitolò con decisione: «Un poeta quattordicenne riesce ad incantare Mario Luzi».

Il personaggio. Fin da quando aveva 14 anni è stato apprezzato dal grande Luzi Una volta, parlando di lui e del suo talento, un giornale intitolò con decisione: «Un poeta quattordicenne riesce ad incantare Mario Luzi». Rafforzo l’indicazione allora emersa, con la testimonianza personale di un Luzi che, sopraggiunto ad una manifestazione alla quale era atteso, sentendo in distanza leggere poesie, stentò a credere che si potesse trattare di un ragazzo. Tra gli apprezzamenti vantabili anche quelli di Maria Luisa Spaziani ed Edoardo Sanguineti, di Roberto Carifi e Giacomo Trinci. Perché Federico Berlincioni (nella foto) – il giovane e pluripremiato autore di «Il rumore del silenzio» e «Dentro me avanza», libri ambedue editi da Ibiskos – continua ad incantare? Perché la sua poesia affascina e coinvolge immediatamente i poeti suoi compagni di viaggio? PerchéFederico è come loro un poeta un essere sufficientemente strano, separato e con gli altri, fuori del tempo e in ogni tempo, concentrato in se stesso anche quando rivolto all’infinito, teso costantemente a qualcosa di unitario, di armonico e originario: di «musicale », come Federico stesso direbbe.
Rispetto al suo primo libro pubblicato nove anni fa, Federico Berlincioni è cresciuto: si è fatto più ricco e complesso, visibilizzando anche nei modi di un’evoluzione la sua certa anagrafe artistica. Cambia soprattutto, nei testi più recenti (penso anche ai notevoli quindici sonetti inclusi nel romanzo di Riccardo Nencini «L’imperfetto assoluto», pubblicato da Mauro Pagliai), l’atteggiamento che chi scrive ha con la propria scrittura, fino a una lirica di «Dentro me avanza» considerabile in questo senso esemplare, «Lo scriver mio nemico»: «Adesso, strinto ho il cuore in tenaglia / che sono tuo servo esanime e ne so il fio, / non più diletto né rifugio, ma canaglia, / vizio che placo invano, sei nemico mio». Il giovane poeta Berlincioni, classe 1987, una ragguardevole maturità classica conseguita al Liceo Machiavelli e una brillante carriera universitaria in corso a Filosofia (ma anche, in contemporanea, un impiego alla Cassa di Risparmio di Firenze), si è fatto adulto. Più che vivergli al fianco, la poesia lo possiede, lo abita. Ricordo che una delle prime domande che feci a Federico quando ci incontrammo (eravamo a Castelfiorentino, a quel «Premio Letterario Castelfiorentino» che per primo lo ha rivelato) fu questa: «Chi è il tuo poeta preferito? ». Federico non ebbe allora esitazioni a rispondere, nonostante la comprensibile timidezza di ragazzo neppure tredicenne che gli fece pronunciare quel nome ad occhi bassi: «Leopardi».
Data recensione: 06/12/2009
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Marco Marchi