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In una Firenze agli albori del Trecento, dove “la discordia aveva fatto nido nel cuore dei cittadini, la fede calpestata, gli uffici affatturati, le parentele divise”, in quella città del cuore che era diventata “città del pianto e del fetore”, che eppure

In una Firenze agli albori del Trecento, dove “la discordia aveva fatto nido nel cuore dei cittadini, la fede calpestata, gli uffici affatturati, le parentele divise”, in quella città del cuore che era diventata “città del pianto e del fetore”, che eppure si preparava a divenire sempre più florida e a vivere quella che sarebbe stata l’età dell’oro rinascimentale, inizia la complessa storia che Riccardo Nencini, presidente del Consiglio Regionale della Toscana, ha dato recentemente alle stampe, dopo sette anni di ricerche minuziose su quello che è forse il periodo antico della sua Florentia che più lo intriga e su cui può vantare ormai una conoscenza profonda e raffinata, l’età di Dante: un romanzo storico che non tradisce i lettori appassionati di questo genere letterario, perché non conosce approssimazione e offre un testo erudito e preciso nei riferimenti, e al tempo stesso scorrevole, piacevole alla lettura, avventuroso e non privo di sorprese.Molti gli ingredienti, dal ritrovamento reale – e non espediente letterario – di un antico manoscritto, alle avventure di un vero “pirata della storia”, tale Musciatto Franzesi, noto per la sua scaltrezza e immorale onnipotenza, arricchitosi alla corte di Francia e presente sulla scena fiorentina dei primi anni del Trecento (tanto da rimbalzare anche sulle pagine del Decamerone nella novella di Ser Ciappelletto), alle diverse storie di tradimenti e fatti di sangue che lasciano intendere come il titolo del romanzo – “L’imperfetto assoluto” – si riferisca al genere umano in generale, con tutti i suoi gravi difetti, la debolezza della carne, l’egoismo, la superbia, l’avidità e quant’altro.Una fragilità e un’imperfezione cui non sfugge il grande Poeta: Nencini ha scavato mirabilmente negli anni dolorosi della sua cacciata da Firenze e dell’esilio, per ritrarre un Dante inedito, esule, perdente, in fondo anche pieno di difetti, assetato di quel potere che non è riuscito ad avere, non ancora divino come lo renderà la sua Commedia. Un uomo che ha paura e che – sempre armato – si nasconde per il timore del possibile tradimento, ambasciatore dei Bianchi banditi da Firenze, in continuo viaggio nell’Aretino, nel Mugello, nel Veronese.Di quei primi anni di esilio così difficili, certo i peggiori della sua vita (1302-1304), Dante in seguito ha raccontato poco: e, sorpresa per i lettori, alla mancanza di versi di suo pugno, nelle pagine del romanzo di Nencini appaiono anche quindici sonetti di particolare musicalità e tragica solitudine, un’invenzione che si deve al giovanissimo poeta Federico Berlincioni che ha tentato coraggiosamente un singolare esperimento letterario, calandosi nei panni e nella penna del Divino Poeta. Un parto, il suo, laborioso e difficile, oltre che di una notevole suggestione.
Data recensione: 01/04/2009
Testata Giornalistica: Toscana Qui
Autore: Maria Novella Batini