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L’ampia sala del Cenacolo di Fuligno, il refettorio dell’ex convento fiorentino delle terziarie francescane di Sant’Onofrio celebre per l’“Ultima cena” del Perugino, il monumentale affresco

LA FORTUNA DEL SUO STILE, LA DIFFUSIONE DELLA SUA ARTE

Firenze, 18 ott. (Adnkronos Cultura) - L’ampia sala del Cenacolo di Fuligno, il refettorio dell’ex convento fiorentino delle terziarie francescane di Sant’Onofrio celebre per l’“Ultima cena” del Perugino, il monumentale affresco realizzato sulla parete di fondo, ospita la mostra “Perugino a Firenze. Qualità e forma di uno stile”. Le cinquantadue opere esposte, raccolte intorno al grande affresco del Cenacolo e provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private italiane ed estere, permettono di studiare l’ “Ultima cena” inserendola nel percorso stilistico di Pietro Perugino, ricostruito attraverso altri lavori autografi del maestro e di singole personalità influenzate dalla sua arte o appartenenti al suo entourage. In rassegna, dunque, non solo quadri del Perugino, ma anche dello Spagna, di Gerino da Pistoia, del Pinturicchio, di Giannicola di Paolo, del Bachiacca, del Fadino e di tanti altri, utili per comprendere il rapporto tra lo stile del pittore di grande fama e la diffusione del suo lessico. Le opere potranno essere ammirate fino all’8 gennaio, tutti i giorni (eccetto il lunedì) dalle ore 10 alle 18.

Inizialmente affrescata dal pittore Neri di Bicci nel 1462, l’ “Ultima cena” del refettorio di Fuligno dovette sembrare antiquata se, di lì a poco, fu convocato un artista famoso quale il Perugino, che dipinse sulla parete, in maniera molto più moderna, le scene precedentemente eseguite. Una cornice centinata in finta pietra a motivi intrecciati racchiude la scena dell’ “Ultima cena”, presentando nei medaglioni alcuni santi francescani. Al centro della lunga tavola siede Cristo, affiancato dall’apostolo Giovanni, con la testa reclinata sulla tavola, e dagli altri apostoli, identificati dai nomi scritti sulla pedana; isolato, di fronte a Cristo, siede Giuda, con la borsa dei denari sotto la tavola. La composizione di quest’opera segue l’iconografia tradizionale, rinnovata grazie alla spettacolare scenografia del porticato aperto sul paesaggio collinoso, nel quale è raffigurata l’ “Orazione di Gesù nell’orto”. L’affresco, scoperto nel 1843, fu inizialmente attribuito a Raffaello, tanto che il Granduca Leopoldo II riacquistò gli ambienti del complesso che, nel frattempo, erano divenuti di proprietà privata. Ben presto, l’opera fu ricondotta al Perugino e alla sua bottega: ad aiutarlo nell’impresa sarebbero stati, infatti, gli allievi Gerino da Pistoia, Gian Nicola di Paolo, lo Spagna e Rocco Zoppo.

Articolata in sei sezioni, la mostra espone nel Salone del Refettorio una selezione di opere realizzate dagli allievi del Perugino nella bottega di Perugia (tra cui “Madonna e San Giovanni Evangelista” e “Maria Maddalena e San Sebastiano” di Giannicola di Paolo; “Adorazione dei magi” di Eusebio di Giacomo di Cristoforo; “Sposalizio mistico di santa Caterina d’Alessandria tra i Santi Antonio da Padova e Francesco” dello Spagna), nella bottega di Firenze (“Ritratto di giovinetto di profilo” di Rocco Zoppo; “Crocifisso con la Vergine e San Girolamo” dello stesso Perugino; “San Girolamo penitente” di Gerino da Pistoia) e dai suoi seguaci in territorio fiorentino (“Sacra Famiglia con un angelo” del Maestro del Tondo Campana; “Vergine col Bambino tra i Santi Michele e Sebastiano”, “Santa Maria Maddalena” e “Battesimo di Cristo” realizzati da pittori fiorentini del XVI secolo). La sezione dedicata all’“Ultima cena” espone disegni dei collaboratori del Perugino e copie di opere ispirate all’affresco del Cenacolo, mentre un nucleo di lavori autografi, tra dipinti e affreschi, testimonia l’attività del Perugino a Firenze (come “Cristo in pietà”, “Santa Caterina d’Alessandria” e “San Filippo Benizzi”) e una selezione di dipinti ispirati allo stile del Perugino dimostrano il diffondersi del suo linguaggio in varie regioni (“Madonna col Bambino” del Fadino; “Santa Maria Maddalena” di Antonio Rimpatta).

Pietro di Cristoforo Vannucci, detto il Perugino, nasce intorno al 1450 a Città della Pieve, borgo posto sotto il dominio di Perugia, ed è considerato il massimo esponente della pittura umbra del XV secolo nonché emblematico rappresentante dell’arte dell’Umanesimo. Dopo un apprendistato presso Piero della Francesca, il Perugino giunge a Firenze dove entra a far parte della bottega del Verrocchio frequentando i più celebri pittori dell’epoca, tra i quali Leonardo Da Vinci. Giunto a Roma nel 1479, viene incaricato da Sisto IV di realizzare degli affreschi per la Cappella Sistina, lavoro che esegue tra 1481 e 1483, lavorando con Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli e firmando la pala d’altare, i quadri con le “Storie di Mosè e di Cristo” e la celebre “Consegna delle chiavi a San Pietro”. Questo momento artistico segna l’inizio di una brillante carriera e procura al giovane pittore molti lavori, una solida fama e denaro sufficiente per quasi tutta la vita, tanto che il pittore apre due fiorenti botteghe: una a Firenze e l’altra a Perugia.

Verso la fine del Quattrocento, il Perugino realizza opere per committenti fiorentini, tra le quali la “Madonna che appare a San Bernardo” (1493), il “Ritratto di Francesco delle Opere” (1494), il “Compianto su Cristo morto” (1495); contemporaneamente, lavora in Umbria e in molte altre città, da Cremona a Bologna a Pavia. Perugino, infatti, viaggia molto, spostandosi di città in città, forse spinto da quella che il Vasari, che non perde occasione per esternare la sua antipatia nei confronti del pittore, non esita a definire avidità e fame di denaro. Nel 1511, in seguito all’insuccesso della Pala della Santissima Annunziata, il Perugino abbandona Firenze e la bottega per tornare a Perugia; allo stesso tempo, molti committenti si stancano dei suoi schemi compositivi. Il Perugino muore di peste nel 1523 nel piccolo borgo di Fontignano, lontano dal successo e dagli onori del passato.
Data recensione: 18/10/2005
Testata Giornalistica: ItalyGlobalNation
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