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Una straordinaria sequenza di opere. Si presenta così, agli occhi del visitatore, la grande mostra "Perugino a Firenze. Qualità e fortuna d’uno stile", che, inaugurata il 7 ottobre

Cultura
25/10/2005 ore 17.41

FIRENZE\ aise\ - Una straordinaria sequenza di opere. Si presenta così, agli occhi del visitatore, la grande mostra "Perugino a Firenze. Qualità e fortuna d’uno stile", che, inaugurata il 7 ottobre scorso presso il Cenacolo di Fuligno, sarà aperta al pubblico, con ingresso gratuito, sino all’8 gennaio 2006. La mostra, grazie alla cura scientifica di Rosanna Caterina Proto Pisani, ai patrocini del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza Speciale al Polo Museale Fiorentino, raccoglie ben 52 opere, moltre delle quali provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private italiane ed estere, che hanno concesso tanti e prestigiosi prestiti. Ma soprattutto consente di osservare e studiare il monumentale affresco de "L’ultima cena" che domina la parete di fondo del Cenacolo di Fuligno, refettorio monumentale dell’ex-convento fiorentino delle terziarie francescane di Sant’Onofrio, detto appunto di Fuligno. L’affresco, scoperto nel 1845 ed attribuito allora a Raffaello, il più celebre allievo del Perugino, fu poi attribuito allo stesso e, quindi, alla sua bottega: dallo Spagna al Pinturicchio e poi Andrea d’Assisi, Eusebio da San Giorgio, Giannicola di Paolo, Rocco Zoppo e Roberto da Montevarchi. Ma, di recente, gli studi critici hanno nuovamente riconosciuto l’affresco come opera autografa del Perugino, anticipandone la datazione ad una fase precoce della sua attività. Il confronto, voluto dai curatori, tra "L’ultima cena" e le opere degli allievi umbri e toscani del Perugino è uno degli assi portanti della mostra: inserendo l’opera nel percorso stilistico di Perugino in rapporto con altre opere autografe del Maestro ma anche degli artisti del suo entourage, infatti, esso costituisce, da un lato, un momento di riflessione unico per comprendere a chi sia da attribuire l’affresco e definire l’eventuale partecipazione dei collaboratori del Perugino nella sua esecuzione, ma è anche un occasione per meglio comprendere la diffusione dello stile del Perugino in Toscana e, più in generale, in Italia.
Infine l’occasione rappresenta il primo passo verso una nuova vicenda museale del Cenacolo di Fuligno, che si appresta così a divenire un vero e proprio mueso dedicato all’artista e alla sua bottega, ma anche punto di partenza per una serie di itinerari perugineschi nella città di Firenze.
Dopo lunghi periodi di chiusura, il Cenacolo riapre così le porte agli amanti dell’arte e lo fa offrendo loro non solo la visione di un’opera preziosissima, qual è "L’ultima cena", ma con un vero e proprio allestimento museale. La ricognizione effettuata in occasione della mostra ha consentito infatti di individuare una serie di dipinti di ambiente peurginesco dei depositi delle Gallerie, alcuni dei quali affidati temporanemanete ad altre istituzioni, che entreranno a far parte in maniera permanente del ritrovato ambiente del Cenacolo, a costituire quel museo del Perugino che a Firenze mancava. Un aspetto del Perugino messo in luce dalla mostra è che, al di là dell’interpretazione romantica che lo vuole pittore devoto e mistico, egli fu artista perfettamente inserito nella realtà del suo tempo e impegnato nella conduzione di fiorenti botteghe a Firenze e Perugia. Come testimoniano i documenti, la prima attività del Perugino è accertata per la sua terra d’origine, l’Umbria, dove probabilmente il giovane pittore fu iniziato all’arte dalle maestranze locali ed ebbe fra i suoi collaboratori più stretti numerosi artisti di rilievo. Ecco dunque in mostra la "Sacra Famiglia con San Giovannino" del Pintoricchio, proveniente dalla Pinacoteca Nazionale di Siena; dalla Chiesa di San Pietro a Perugia arriva invece L’"Adorazione dei Magi" di Eusebio da San Giorgio, mentre dalla Galleria Palatina di Firenze lo "Sposalizio mistico di Santa Caterina d’Alessandria tra i Santi Antonio da Padova e Francesco" de Lo Spagna; ne "L’ultima cena" di Berto di Giovanni, giunto dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, è poi evidente, da un lato, il richiamo al colonnato dell’affresco del Perugino e, dall’altro, l’apertura dell’allievo al raffaellismo, testimonianza del diffondersi del manierismo a Perugia. Il Perugino aprì una propria stabile bottega nella città di Firenze nel 1486 e lì svolse la sua attività sino al 1511, quando, dopo l’insuccesso della "Pala dell’Annunziata", l’rtista decise di spostarsi nuovamente in Umbria. La mostra "Perugino a Firenze. Qualità e fortuna d’uno stile" approfondisce l’importante ruolo dell’artista in rapporto alla tradizione toscana della pittura ad affresco e all’iconografia esclusivamente fiorentina della rappresentazione de "L’ultima cena" nei refettori conventuali. Il Perugino si rivela erede fedele dei segreti delle botteghe fiorentine ma introduce con la sua opera suggerimenti e novità, presto ripresi dagli stessi fiorentini. In mostra, tra gli altri, la "Madonna col bambino fra due Sante" forse di Roberto da Montevarchi, dal Museo Bardini di Fienze, "Tobia e l’Arcangelo Raffaele" del Bachiacca, dal Museo del Cenacolo di San Salvi, "San Girolamo penitente" di Gerino da Pistoia, prestato dal Museo pistoiese della Cattedrale di San Zeno.
Nel salone del Refettorio, accanto alla selezione di opere degli allievi del Perugino nelle botteghe di Perugia e di Firenze, è esposto un nucleo di opere autografe (dipinti, affreschi, disegni e incisioni) in dialogo diretto con l’affresco. Tra queste la "Crocifissione con la Vergine e San Girolamo", già del Fuligno, le "Nozze di Cana" dalla Galleria Nazionale dell’Umbria ed il "Cristo in pietà" di proprietà dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.
Un congruo numero di dipinti ispirati allo stile del Perugino provenienti dalla Toscana, in particolare dall’area fiorentina (il "Tabernacolo del Proposto" del cosiddetto Maestro della Madonna del Ponterosso e la "Sacra famiglia con angelo" del Maestro del Tondo Campana), ma anche da altre regioni d’Italia (la "Madonna col bambino" del Fadino e le tre tavole di Antonio Rimpatta), è testimonianza preziosa dell’ampia diffusione del linguaggio peruginesco, vera e propria koinè stilistica della pittura italiana, sottolineando l’importanza del ruolo svolto dal Perugino nella vicenda pittorica nazionale tra lo scadere del secolo XV e gli inizi del successivo.
Tanti poi i prestiti dall’estero, come il "Giuda e San Bartolomeo" del Perugino dal British Museum, gli "Apostoli" sempre del Perugino dal Kupferstich-Kabinett di Berlino, ma anche dal Fitzwilliam di Cambridge e dall’Art Museum di Cleveland.
Infine, il percorso della mostra vede anche un’introduzione didattica con pannelli relativi ai "percorsi perugineschi" a Firenze, che, allestita nel vestibolo del Cenacolo, segnala le opere dell’artista in città e rinvia il visitatore a chiese e musei dove sono custodite.
Accompagna la mostra un accurato catalogo delle edizioni Pagliai/Polistampa (ill. col., pp. 248, 28 euro) che raccoglie, oltre a un’introduzione di Antonio Paolucci, i contributi di Rosanna Caterina Proto Pisani, Serena Padovani, Vittoria Garibaldi, Filippo Todini, Nicoletta Baldini e Francesca Fumi Cambi Gado. (r.aronica\aise)
Data recensione: 25/10/2005
Testata Giornalistica: AISE
Autore: Raffaella Aronica