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Mentre alla Camera dei deputati si discute se omaggiare Oriana Fallaci battezzando col suo nome un’aula, in libreria sta per arrivare il suo atteso

Mentre alla Camera dei deputati si discute se omaggiare Oriana Fallaci battezzando col suo nome un’aula, in libreria sta per arrivare il suo atteso romanzo postumo.
Il titolo è “Un cappello pieno di ciliege”, si tratta di una saga famigliare di 850 pagine circa e uscirà mercoledì 30 luglio. Alla Rizzoli fino a ieri silenzio assoluto ma il passaparola dei librai si era messo in moto e presso alcuni negozi on line è già possibile prenotare una copia.
IL SUO «BAMBINO»
La Fallaci ha parlato raramente di questo libro autobiografico ma aveva accennato alle difficoltà incontrate nel corso della stesura, difficoltà per altro normali vista la sua tendenza alla revisione certosina: «La vigilia della catastrofe [l’11 settembre 2001, ndr] pensavo a ben altro: lavoravo al romanzo che chiamo il-mio-bambino. Un bambino molto difficile, molto esigente, la cui gravidanza è durata gran parte della mia vita d’adulta, il cui parto è incominciato grazie alla malattia che mi ucciderà, e il cui primo vagito si udrà non so quando. Forse quando sarò morta».
La Fallaci era infaticabile, e lavorava sulle bozze con una decisione e uno spirito critico che rasentava la ferocia verso se stessa. Vederla correggere e ricorreggere per ore era una bella lezione. Anche quando chiamava di notte (da New York, il redattore in Italia) perché un paragrafo non le suonava molto bene.
Dunque il romanzo nasce dalla «malattia» ed è per questo che la Fallaci ha voluto rievocare la storia della propria famiglia. La vicenda parte dal 1773 e giunge al 1889. Neanche una riga dunque sulla Resistenza, evento di cui i Fallaci furono protagonisti in prima persona, inclusa la giovanissima Oriana, staffetta partigiana. Eppure un capitolo finale dedicato al Novecento dovrebbe esserci nel dattiloscritto di 684 cartelle che la scrittrice ha consegnato prima di morire al nipote Edoardo Perazzi. Forse si è rinunciato a pubblicarlo perché su quella parte manca l’approvazione definitiva dell’autrice, almeno così lasciano intendere alcune dichiarazioni di qualche tempo fa rilasciate da Perazzi stesso. Del resto sul fatto che il romanzo sia compiuto o meno c’è stata anche una polemica in famiglia. Paola Fallaci, sorella di Oriana, nel gennaio 2007 aveva fatto sapere di essere contraria alla pubblicazione perché non c’erano «le pagine più belle». Rispose proprio Edoardo: «Mia zia mi aveva confidato di voler stampare il libro, e mi aveva fornito indicazioni dettagliate». Inoltre chi ha lavorato fianco a fianco con la Fallaci in anni recenti assicura di aver visto la parola “fine” sul dattiloscritto, fatto indicativo anche se non decisivo visto il perfezionismo dell’autrice.
Il libro sarà comunque un gigantesco affresco storico essendo la vicenda della famiglia Fallaci inserita nel suo contesto. Al centro, naturalmente, Firenze e l’intera Toscana, di cui la Fallaci diceva: «Quando mi manca Firenze, anzi la mia Toscana, non ho che saltare su un aereo e venirci. Qui ci vivo più di quanto si creda. Spesso, mesi e mesi o un anno di fila. Se non si sa, è perché ci vengo alla Mazzini», cioè in incognito. Per il romanzo ci venne più volte al fine di raccogliere testimonianze e documenti come era sua abitudine.
La Fallaci iniziò la stesura all’inizio degli anni Novanta, subito dopo l’uscita di “Insciallah”. Dopo l’11 settembre 2001 si interruppe, o meglio si astenne dal correggere il dattiloscritto, per pubblicare la Trilogia che ha conquistato milioni di lettori. Nel 2004 aveva già ripreso in mano il progetto che, diceva, la avrebbe avvicinata a Malaparte, Hemingway, Dos Passos, London, Dickens. Scrittori con la passione del giornalismo.
Nel 1993-1994 la Fallaci frequentava gli archivi e le biblioteche di Firenze, in cerca di carte che le permettessero di descrivere con la massima precisione possibile la vita dei suoi antenati. Si fece anche accompagnare nei quartieri della città in cui era nato il socialismo locale. Le interessava moltissimo il Congresso operaio di Firenze del 1861, nel corso del quale i mazziniani presero il controllo delle società operaie. Analogo interesse mostrava per le avventure degli anarchici: e come dimenticare che proprio a loro fece appello quando, nel 2006, si oppose alla costruzione di un minareto a Colle Val D’Elsa (intervista al New Yorker: «Non voglio vedere un minareto di 24 metri nel paesaggio di Giotto quando io non posso neppure indossare una croce o portare una Bibbia nel loro Paese! Se sarò ancora viva andrò dai miei amici anarchici a Carrara e con loro prenderò gli esplosivi e lo farò saltare in aria!»).
ANARCHICI E SOCIALISTI
La Fallaci si era recata più volte dalle parti di via de’ Serragli (Oltrarno, poco distante da Palazzo Pitti) per trovare indizi che riguardassero bisnonno, nonno e padre. Coincidenza, proprio in quelle strade, in particolare a Borgo San Frediano, era cresciuto il movimento operaio fiorentino. Ovviamente, negli anni Novanta, la zona era cambiata. Operai, anarchici e socialisti erano spariti, rimpiazzati da vip innamorati di un’Italia da cartolina (Madonna e Daniel Day Lewis hanno abitato a un passo da via de’ Serragli, davanti alla chiesa di Santo Spirito).
Mario Graziano Parri aveva accompagnato Oriana in queste sue ricognizioni. Sulla rivista “Caffè Michelangiolo” (Polistampa) lo scrittore ha raccontato: «Gli antichi laboratori artigiani erano adesso nient’altro che scheletri, e nessuno da quelle parti sembrava disposto a ricordare». Qualcuno era un po’ diffidente, cosa che certo non poteva scoraggiare la Fallaci: «Lei non arretrava - prosegue Parri - stambugi e androni in abbandono venivano esplorati e su chi trovava sul suo passo scaricava raffiche di domande che non avevano risposta».
Tra pochi giorni sapremo cosa aveva scoperto della propria storia e di se stessa.
Data recensione: 22/07/2008
Testata Giornalistica: Dagospia
Autore: ––