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Esce oggi con Il Tirreno (a soli 9 euro in più) la terza monografia dedicata ai Maestri della Luce in Toscana. Protagonista di questo terzo volume dal titolo “Un mosaico di colori e di spazi”, è il pittore livornese Oscar

Esce oggi con Il Tirreno (a soli 9 euro in più) la terza monografia dedicata ai Maestri della Luce in Toscana. Protagonista di questo terzo volume dal titolo “Un mosaico di colori e di spazi”, è il pittore livornese Oscar Ghiglia. Nato nel 1876 e morto nel 1945 fu grande amico, più che alunno, di Giovanni Fattori e fu molto ammirato da Amedeo Modigliani che da Parigi scriveva di lui: «In Italia c’è Ghiglia; c’è Oscar Ghiglia a basta». Ed aveva ragione perché con i suoi ritratti Ghiglia attraverso un uso personalissimo del colore si impone al di sopra delle scuole e dei manierismi della sua epoca diventando un autentico maestro del Novecento. «Oscar Ghiglia - racconta Emanuela Angiuli che ha curato il volume - irrompe sulla scena artistica italiana nel 1901, con il suo Autoritratto alla Biennale d’Arte di Venezia. Il successo è immediato sia da parte della critica che del pubblico». «Elegantissimo, folti capelli biondo-castani all’indietro, fronte alta, baffi arricciati, sciarpa nera a fiocco svolazzante». Così lo descriveva Llewelyn Lloyd. Figlio di una guardia municipale Ghiglia proveniva dalla piccola borghesia impiegatizia, sempre in lotta con problemi economici, costretto in una condizione di precarietà che si aggrava con la morte del padre quando lui ha undici anni. Eppure riesce ad approdare all’Accademia fiorentina alla scuola di Fattori. A Firenze l’incontro con Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini e la scoperta di affinità elettive con i protagonisti della vita culturale, oltre all’amicizia con Amedeo Modigliani.Ghiglia dipinge soprattutto ritratti. Le opere dipinte nei primi anni del Novecento ispirate alle stanze della casa, raccontano di luoghi interiori oltre che fisici, dove la prospettiva spaziale ottenuta spesso per volumi cromatici compatti rivela una scrittura di modernità, oltre che una sensibilità raffinata mutuata dalla lettura dei maestri del classicismo quattrocentesco. Il matrimonio con Isa Morandini avvenuto nel 1902, la nascita dei figli Valentino, Paulo, Erasmo, se nella vita quotidiana aggravano le condizioni economiche della famiglia, si trasformano in una sorta di materia viva, animata in stesure cromatiche compatte ed essenziali. Come in “Riposo” del 1906 dove il corpo di Isa - come dice la Angiuli - è un lievito caldo della carne, avvolta in un tessuto pittorico disteso fra le membra e le pareti della stanza dove la luce avvolge e allontana all’infinito l’abbandono del profilo soltanto accennato. L’attività ritrattistica se per un verso mette a frutto la sua preparazione sui classici, risponde per altro ad una sperimentazione d’avanguardia in una ricerca di stile che in qualche modo raggela il modello dentro aure metriche di stampo assolutamente novecentesco. Si comprende allora la passione in un certo senso nordica di Oscar per gli interni dove i tavoli, le poltrone, le scrivanie, i tappeti, gli oggetti d’arredo, i libri, vasi, brocche, portafiori, si poggiano nelle prospettive delle pareti e delle stanze, sugli usci e le finestre con la stessa intensità delle parole di un racconto elusivamente pittorico.
Data recensione: 26/06/2008
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: ––