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Chi si voglia accostare alla poetica della pittura macchiaiola, ha ora a disposizione un libro, dotto ed esauriente, ma scritto e concepito con esemplare chiarezza didattica, per rivolgersi non agli specialisti dell’accademia, ma a

Chi si voglia accostare alla poetica della pittura macchiaiola, ha ora a disposizione un libro, dotto ed esauriente, ma scritto e concepito con esemplare chiarezza didattica, per rivolgersi non agli specialisti dell’accademia, ma a tutti gli uomini di buona volontà che si interessino all’arte di Giovanni Fattori e dei suoi eredi con passione. Si tratta del catalogo della bella mostra fiorentina di Villa Bardini (aperta fino al 22 giugno), nella quale si tirano le fila di quell’importante corrente pittorica che interpretò al meglio il bisogno dell’ITalia postunitaria di costruire la propria identità attraverso la rappresentazione realistica della vita nelle campagne e degli inteni borghesi e cittadini dell’epoca. Senza tralasciare la bellezza della natura e adombrare temi sociali con delicatezza e sensibilità. Nel centenario della morte di Fattori, Francesca Dini scrive un saggio illuminante che richiama il celebre testo di Oscar Ghiglia, che per primo vide nel toscano un grande artista, sganciandolo dal facile bozzettismo di maniera e richiamandolo all’arte di Giotto, Masaccio e Piero, nel riscontrare nella sua arte una pittura «principio e legge della realtà contemplata, mezzo unico universale per sempre attraverso i più umili oggetti della natura i più umani sentimenti e le più profonde emozioni». Scevro da ogni poeticismo letterario, Fattori si impone per guardare il mondo come «tutto forma e tutto colore», in un rapporto «emozionale» con la realtà, filtrato solo dal linguaggio pittorico, intento a denudare l’apparenza del reale per cogliere «la religiosità d’un gesto, d’un attimo di vita», giungendo così «alla più intima significazione delle cose». Oltre al capofila, sfilano in queste pagine le immagini e i nomi di Francesco e Luigi Gioli, Ruggero Panerai, Raffaello Sorbi, Adolfo e Angiolo Tommasi, Eugenio Cecconi, Niccolò Canicci, Egisto Ferroni, Guglielmo Micheli: impegnati ora in un “naturalismo cortese”, dove scenari semiurbani di dimore di campagna addomesticano la vita dei campi, ora nei paesaggi della Maremma selvaggia, ora nei panorami urbani delle città toscane, pendant di quanto facevano a Parigi De Nittis e Boldini. Completano il volume dodici lettere inedite di Fattori e agili biografie di tutti gli artisti presi in esame.
Data recensione: 03/05/2008
Testata Giornalistica: Il Domenicale
Autore: Fabio Canessa