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Quasi un secolo fa, il 30 agosto 1908, moriva in un’aula dell’Accademia di Firenze Giovanni Fattori, pittore della luce, del sole, dei campi. Un attento osservatore della natura e degli uomini, passato dal realismo alla

Quasi un secolo fa, il 30 agosto 1908, moriva in un’aula dell’Accademia di Firenze Giovanni Fattori, pittore della luce, del sole, dei campi. Un attento osservatore della natura e degli uomini, passato dal realismo alla «macchia». Un plein air il suo, che aveva poco o niente a che fare con quello francese degli impressionisti, ma era in grado di creare un grande movimento parallelo e una scuola di eco europea.
Nato a Livorno nel 1825, aveva studiato all’Accademia di Belle Arti di Firenze con Giuseppe Bezzuoli. Aveva frequentato il Caffè Michelangiolo, condividendo ideali rivoluzionari e artistici con i pittori «macchiaioli». Deluso dal Regno d’Italia, aveva fatto amicizia col mecenate e teorico Diego Martelli, alternando la vita tra Firenze e Livorno con soggiorni a Castiglioncello e in Maremma. Autore di grandi tele patriottiche, o legate a soggetti urbani e rurali, nel 1869 era stato nominato professore di pittura all’Accademia di Firenze. Si era sposato tre volte, l’ultima a ottantadue anni con la sessantaduenne Fanny Martinelli.
Fra le tante manifestazioni che Firenze e altre città dedicano all’artista, una bella mostra in corso a Villa Bardini del capoluogo toscano, curata da Francesca Dini, con un chiaro e ben illustrato catalogo (Mauro Pagliai Editore), raccoglie dipinti di soggetto campestre di Fattori e di pittori della generazione successiva, interpreti originali della sua lezione. Una quarantina in tutto, di proprietà dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e di varie collezioni private. Il tema rurale non è una scelta casuale: era stato Oscar Ghiglia, a cinque anni dalla morte di Fattori, considerato allora pittore di battaglie, a mettere in luce il valore di quei paesaggi solari fatti con «pochi tratti, brevi», che lasciano sorpresi per la loro bellezza. La povera vita contadina era ricca di sole, colore, ideali, voglia di vivere. La ragazza che pasce le capre è sana, vitale, energica. La pineta di Tombolo è percorsa da cavalli selvaggi. Gli uomini che accompagnano i buoi con carichi di fieno sono allegri, lavorano e fumano la pipa. Dappertutto uliveti, strade e stradine, su cui splende un sole forte e una poesia che batte ogni malinconia.
Ad aderire alla pittura naturalista di Fattori sono diversi pittori (i Tommasi, i Gioli, i Ferroni), che la mostra illustra con dipinti di soggetto campestre, sociale, urbano. Opere che privilegiano la tendenza realista della «macchia», ma che dimostrano anche una certa adesione ai nuovi movimenti francesi, a differenza di Fattori, rimasto fedele alla sua visione severa e sintetica del vero.
Altre mostre a Livorno («Giovanni Fattori tra epopea e vero», 20 aprile-6 luglio) e all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove in autunno si aprirà la retrospettiva «I luoghi di Fattori».
LA MOSTRA
«Fattori e il naturalismo in Toscana». Firenze, Villa Bardini, Costa San Giorgio 2. Fino al 22 giugno. Info: 055243140.
Data recensione: 07/04/2008
Testata Giornalistica: Il Giornale
Autore: Maurizia Tazartes