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Per metà è romanzo, per l’altra metà reportage. Ma il suo autore più ambiziosamente lo definisce una “opera morale” contro i mala tempora che affliggono l’Italia in tema di matrimonio e famiglia. Luca Nannipieri, classe

Per metà è romanzo, per l’altra metà reportage. Ma il suo autore più ambiziosamente lo definisce una “opera morale” contro i mala tempora che affliggono l’Italia in tema di matrimonio e famiglia. Luca Nannipieri, classe 1979, è un giovane autore toscano che ama andare controcorrente. Il suo ultimo lavoro, “Chiamami ancora amore” (Mauro Pagliai Editore, pag. 128, euro 9) scorre su due registri. Da una parte, il colloquio a distanza tra un uomo e quella che con determinazione e caparbietà vuole che sia la sua donna per sempre. Un colloquio che in molti punti assume il tono di pamphlet contro «l’individualismo e la precarietà sentimentale che stanno segnando in peggio il XXI secolo». Dall’altra parte il libro è un reportage nelle terre dell’ex Jugoslavia ancora sanguinanti dalla guerra degli anni Novanta, alla ricerca del “nocciolo duro” dell’esistenza. A contatto con il genocidio, Luca Nannipieri mette a fuoco la domanda essenziale: cosa ho di più caro? «Da quell’esperienza – spiega il giovane autore – sono tornato più grintoso di prima, più determinato a difendere i valori in cui credo».Ecco allora il senso della sua “opera morale”: una lettera-urlo contro gli amori usa e getta, «che non durano e che non hanno più nulla di impegnativo, eroico e sacro». «Cara Valeria, mia dolce compagna – scrive Nannipieri nelle prime pagine del romanzo – lo vedi quello che sta accadendo intorno a noi? Io vedo amore in tutte le donne e gli uomini che incontro, eppure per loro come per noi due, spesso è più facile farsi vincere dalla debolezza e separarsi. Sempre più persone lo fanno, con una velocità e disinvoltura che mi lasciano senza fiato. Si separano e tutto finisce. E noi? Saremo come loro?».Scorrendo le lettere alla moglie lontana, scritte da un uomo di nome Pavle in trappola nella Sarajevo assediata, Nannipieri elabora l’elegia del matrimonio: «Chi pensa sia un vincolo che imprigiona, che rinchiude, che dà frustrazioni e limitazioni, non ha capito niente dell’amore. Nessun vincolo, nessuna prigione: soltanto un impegno che l’uno e l’altra sentono di avere come una necessità».Nannipieri, oltre che scrittore, è giornalista e nella vita come nella professione sente di avere una missione: combattere con le armi delle parole l’individualismo, in difesa di «valori che dovrebbero essere assoluti, come la fiducia, la riconoscenza, la reciprocità». E la famiglia. «Perché la famiglia nella letteratura – spiega – e nella televisione di oggi viene sempre presentata come soffocamento, tragedia, patologia, realtà fallimentare. Ma la famiglia è uno straordinario luogo di incontro, di relazioni, di valori: pensiamo alla pazienza che supporta una lunga convivenza tra marito e moglie, alla fedeltà, alla fiducia. Sono valori sorgivi, primitivi dell’uomo, che il cristianesimo ha portato ad altezze vertiginose».Lo scrittore toscano ha già in cantiere altri libri sull’argomento; nel frattempo, nella vita quotidiana non si fa spaventare «dalla mentalità dominante», «cerca un dialogo con gli uomini condannati ad avere rapporti sentimentali che durano pochi anni» e soprattutto non considera affatto il crollo della famiglia come un dato di fatto inevitabile, inarrestabile. «Ci sono mutamenti – spiega Luca Nannipieri – che si possono correggere in modo che la società torni a un alveo di saggezza». «Le persone che si amano – scrive l’autore alla sua compagna Valeria nel romanzo – devono stare insieme. Tenersi unite. Molti non lo fanno, molti rinunciano, ma tu, tu sei capace di vincere la morale comune, di rendere la tua storia una storia che abbia valore eterno». E poi: «È soltanto tradizionalismo il mio punto di vista, o è una ricchezza avere avuto e sognare a mia volta una famiglia unita come quella in cui sono vissuto?».
Data recensione: 14/03/2008
Testata Giornalistica: Avvenire
Autore: Antonella Mariani