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Federico Zandomeneghi

Federico Zandomeneghi

Federico Zandomeneghi (Venezia 1842 – Parigi 1917) è noto ed amato interprete della figura femminile colta con garbo nei diversi, quotidiani momenti della vita privata, dalla passeggiata al bois, alla toilette, dalla conversazione con le amiche alla lettura: una gamma di buoni sentimenti, di gesti, di sguardi che, per quanto colti nella donna della media borghesia francese di fine Ottocento, rispondono tuttavia ad un’idea universale di femminilità di cui Zandomeneghi vuol essere in qualche modo sacerdote e cantore. Questa pittura, scevra dell’aggressività talentuosa e dei compiacimenti virtuosistici di un Boldini, sembra piuttosto coniugare la modernità dei tagli di Degas ai preziosismi cromatici di Renoir, riuscendo tuttavia a prodursi assolutamente nuova e originale. A monte di questo sta il lungo percorso di un artista coerente, capace di sopportare il peso di scelte estetiche e di vita spesso ardimentose. Come quella di lasciare la città natale, Venezia, rinunciando ai vantaggi che gli sarebbero derivati dalla notorietà della sua famiglia di celebrati scultori (il nonno Luigi era stato intimo di Antonio Canova ed il padre Pietro aveva portato a termine il Monumento a Tiziano nella Chiesa dei Frari). A causa dei suoi ideali anti-austriaci, il diciannovenne Zandomeneghi lascia Venezia per Milano e poi per Firenze, dove giunge nel 1862, dopo aver partecipato ad una delle spedizioni di supporto ai Mille di Garibaldi e dopo aver terminato gli studi all’Accademia di Brera. Gli esordi artistici di Federico sono dunque in seno ai Macchiaioli dei quali condivide le lunghe lotte, gli ideali estetici e quelli patriottici La mostra di Castiglioncello si propone di ricontestualizzare il percorso di Zandomeneghi, partendo proprio dagli anni italiani dell’artista (1862-1873), spesso ignorati per la difficoltà di reperirne le opere più significative.
Federico Zandomeneghi (Venezia 1842 – Parigi 1917) è noto ed amato interprete della figura femminile colta con garbo nei diversi, quotidiani momenti della vita privata, dalla passeggiata al bois, alla toilette, dalla conversazione con le amiche alla lettura: una gamma di buoni sentimenti, di gesti, di sguardi che, per quanto colti nella donna della media borghesia francese di fine Ottocento, rispondono tuttavia ad un’idea universale di femminilità di cui Zandomeneghi vuol essere in qualche modo sacerdote e cantore. Questa pittura, scevra dell’aggressività talentuosa e dei compiacimenti virtuosistici di un Boldini, sembra piuttosto coniugare la modernità dei tagli di Degas ai preziosismi cromatici di Renoir, riuscendo tuttavia a prodursi assolutamente nuova e originale. A monte di questo sta il lungo percorso di un artista coerente, capace di sopportare il peso di scelte estetiche e di vita spesso ardimentose. Come quella di lasciare la città natale, Venezia, rinunciando ai vantaggi che gli sarebbero derivati dalla notorietà della sua famiglia di celebrati scultori (il nonno Luigi era stato intimo di Antonio Canova ed il padre Pietro aveva portato a termine il Monumento a Tiziano nella Chiesa dei Frari). A causa dei suoi ideali anti-austriaci, il diciannovenne Zandomeneghi lascia Venezia per Milano e poi per Firenze, dove giunge nel 1862, dopo aver partecipato ad una delle spedizioni di supporto ai Mille di Garibaldi e dopo aver terminato gli studi all’Accademia di Brera. Gli esordi artistici di Federico sono dunque in seno ai Macchiaioli dei quali condivide le lunghe lotte, gli ideali estetici e quelli patriottici La mostra di Castiglioncello si propone di ricontestualizzare il percorso di Zandomeneghi, partendo proprio dagli anni italiani dell’artista (1862-1873), spesso ignorati per la difficoltà di reperirne le opere più significative.

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