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La S.V. è cordialmente invitata a un incontro
sulla figura e l’opera poetica di

ENZO AGOSTINO

Lunedì 24 ottobre 2005, ore 17,00
Firenze, Palazzo Strozzi, Sala Ferri

partecipano: Franco Contorbia, Caterina Verbaro, Margherita Pieracci Harwell
coordina: Mario Graziano Parri
letture di: Alba Donati

 

La figura e l’opera poetica di Enzo Agostino saranno al centro di un incontro che si terrà a Firenze nella Sala Ferri del Gabinetto Vieusseux di Palazzo Strozzi lunedì 24 ottobre 2005 alle ore 17.

Un incontro che vuole rendere omaggio ad un grande poeta italiano, forse poco noto a causa del suo stesso carattere: Agostino, infatti, ha sempre evitato le luci della ribalta e per tutta la vita ha scritto poesie per amore della scrittura, senza sentire il bisogno di renderne partecipi gli altri.

 Nato a Gioiosa Jonica (Reggio Calabria) nel 1937, è sempre rimasto affezionatissimo alla sua terra di origine, nella quale ha voluto vivere nonostante che le sue eccezionali doti di intellettuale e politico gli avessero più volte aperto altre strade. Lesse e apprese con immediatezza e capacità folgoranti in molti campi, dalla storia alle lettere alla filosofia, ma si indirizzò ben presto alla poesia, nella quale si cimentò sia in italiano sia in dialetto calabrese. In gioiosano è stato scritto Coccia nt’ o’ gramoni (Polistampa 2003, pp. 80, euro 8), il volume di poesie che ottenne il Premio Nicola Giunta 2003. Sono poesie dalle quali emerge una grande armonia e una musicalità metrica ed espressiva che si ritrovano anche nei componimenti in italiano come ad esempio Inganni del tempo (Polistampa 2004, pp. 72, euro 12), la raccolta uscita postuma, alla quale è andata la menzione speciale del Premio Circe Sabaudia nell’ottobre 2004, e che analizza i temi più cari ad Agostino: il tempo, i luoghi, la memoria, filtrati dalla consapevolezza dell’estrema fragilità umana. Un linguaggio nuovo, fatto di percezioni, sensazioni, colori che rimandano, per il forte impatto “visivo” di questo modo di fare poesia, al ritmo dannunziano e alla capacità del poeta di immedesimarsi e diventare una cosa sola con la natura.

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