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Nel Vangelo di Luca, a un certo punto Gesù rivolgendosi ai discepoli accenna al rapporto che hanno con i loro figli e domanda loro: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un

Nel Vangelo di Luca, a un certo punto Gesù rivolgendosi ai discepoli accenna al rapporto che hanno con i loro figli e domanda loro: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? …dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli…”. Cose buone dunque e non mele avvelenate ai piccoli. La loro testa e il loro cuore, come noi, sono avidi di informazione e la televisione stimola e la testa e il cuore dei bambini, che sono figura originaria di ogni essere umano. Karl Rahner ha osservato, in sintesi, che l’uomo dentro di sé è strutturato in modo che se uno da fuori parla, può ascoltarlo. L’uomo, per Rahner, è un essere in ascolto. Ritagliamo questo specifico rapporto tra infanzia-adulti-comunicazione nel riferirci a un bel convegno svoltosi tempo fa dal titolo ‘La mela di Biancaneve’, quindi ad alcuni aspetti di comunicazione affrontati nella recente assemblea diocesana fiorentina e ad un libro asciutto e interessante, dal titolo ‘Scomunicati’, di Antonio Comerci (Mauro Pagliai Editore, 112 pp., euro 8), direttore del mensile ‘Informatore Coop’, che in tre capitoli, accompagnati da un glossario di termini e riferimenti e da un auspicio finale, tocca alcuni nodi decisivi della società che comunica. Dunque, cosa ascolta un bambino? Cosa gli viene dato? Immagini, notizie, suoni e rumori, gli stessi nei quali è immersa la nostra esistenza: è il sottofondo, è stato notato, “senza il quale ci riesce difficile immaginare la vita quotidiana”. Tuttavia nei bambini tutto questo ha un riverbero formativo fondante. Per questo l’ascolto va educato, accompagnato. Se l’informazione è il sangue, il metabolismo del mondo moderno, tanto più chi è più piccolo e perciò indifeso ha bisogno di una circolazione il più possibile pulita. La tv alimenta questo flusso e, come negli adulti, suscita  meccanismi imitativi nei bambini, propone modelli e suscita emozioni. Come ci guardano i bambini?  Forse in media come adulti posseduti da un nuovo medium: il cellulare. All’invadenza della tv, si è aggiunta quella del cellulare. Nel dicembre 2002 il Censis rilevava che la piramide dei media collocava la tv in cima come il mezzo usato dal 98,5 per cent degli italiani; quindi il telefonino (75,3 per cento), seguito da radio (65,4 per cento), quotidiani (56,1 per cento), settimanali (44,3 per cento), libri (42,5 per cento), computer (36,4), Internet (27,8), mensili (24), tv satellitare (12,3). Probabilmente le percentuali sono ulteriormente cambiate a favore dei media interattivi. In sintesi: l’uso sbagliato e invasivo di questi media produce un’intermittenza nei legami umani che rischiano di finire per essere non-legami. “Fra l’informazione gridata che suscita ansia e paura – nota Comerci - e la pubblicità che crea nuovi bisogni e continua insoddisfazione per ciò che si ha, non c’è da stupirsi della notizia ‘La Nigeria il Paese più felice’, risultato di un’indagine su scala mondiale sulla percezione del proprio stato di soddisfazione. In questa indagine le società del benessere materiale diventano le società del malessere psicologico… Ricchi, viziati, insoddisfatti: questo siamo diventati e la comunicazione ci mette del suo per farci sentire così”.
Data recensione: 09/12/2007
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Michele Brancale