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Piero Bigongiari è stato un poeta e un intellettuale del Novecento difficile, difficilissimo. Tante volte mi sono avvicinato ai suoi libri, li ho aperti, ho cercato di leggerli e poi mi sono arreso e li

Scrive odi pensose, a metà tra la poesia e la filosofia. Su di lui hanno scritto Luzi e Caproni
È difficile da catturare, ma magico come le sue liriche
Piero Bigongiari è stato un poeta e un intellettuale del Novecento difficile, difficilissimo. Tante volte mi sono avvicinato ai suoi libri, li ho aperti, ho cercato di leggerli e poi mi sono arreso e li ho chiusi. Ma quando li chiudevo, lo facevo con l’amaro in bocca, come di chi non era riuscito in una faccenda che pure lo tentava molto. Così, questa tentazione è ritornata più volte, e più volte mi sono avvicinato alle sue opere, soprattutto a quella lunga poesia che è una delle più straordinarie e ardue del secolo passato, “Daffodils”. Io che amo la semplicità come valore supremo dell’arte, non ho mai saputo spiegarmi il motivo per cui abbia dato sempre molto credito ai lavori difficilissimi di questa personalità. Forse perchè su di lui hanno scritto persone che sono state per me dei maestri, come Mario Luzi e Giorgio Caproni, fino a scrittori rilevanti del panorama attuale, come Alba Donati e Davide Rondoni. Non so. Però è un dato di fatto: Bigongiari leggetelo. Vi annoierà spesso, non lo capirete, lo lascerete sul comodino per dei giorni, perfino per dei mesi, ma poi lo riprenderete in mano.
Io l’ho ripreso di nuovo in mano adesso: l’occasione è che mi è capitato sott’occhi un bellissimo volume su Bigongiari, curato dal poeta Paolo Fabrizi Iacuzzi e pubblicato da Polistampa Editore. Sono raccolti saggi, lettere, molte fotografie, scritti inediti, e molti interventi di poeti e scrittori contemporanei come Roberto Carifi, Alessandro Ceni e Alba Donati. I libri come questo servono, perchè, per avvicinarsi a un poeta, spesso non bastano le sue poesie. Spesso servono occasioni o lavori che ti facciano incuriosire, che ti creino dentro il desiderio di conoscerlo, approfondirlo, anche soltanto andare in libreria e comprarlo. Iacuzzi aveva già curato un libro simile per le edizioni ClanDestino legate alla rivista di letteratura. Ma questo volume pubblicato da Polistampa ha un’impostazione che lo rende davvero un libro notevole; ripercorrendo gli anni della vita di Bigongiari, dalla sua infanzia fino alla maturità letteraria e alla senilità, Iacuzzi vuole rendere omaggio e dare maggiore luce a un intellettuale e poeta che spesso, come scrive Alba Donati, non è presente nelle antologie del secolo soltanto perchè scivola via da ogni classificazione storiografica e non aiuta a capire il contesto ma solo, e semplicemente, aiuta a capire la bellezza e l’orrore della storia, i misteri dell’origine e della morte, le forze profonde che generano e distruggono la vita.
Una poesia, stranamente semplice eppure in modo sottile anch’essa pensosa, recita in un certo passo: «La felicità è entrare in un bar / per sorbire un caffè / con la donna che si ama / in una mattina di sole. // Il dolore è entrare in un bar / per sorbire un caffè / con la donna che si ama / in una mattina di sole».
Bigongiari è questo: dramma, richiesta, quotidianità, pensiero e adrenalina insieme. Non è un lirico puro, non è un filosofo puro. È un anfibio, una figura divisa a metà tra naturalezza e artificio, tra l’incanto e le strutturazioni del pensiero e della cultura. Un anfibio. Per questo lo conosciamo poco, per questo fa fatica ad imporsi come protagonista della scena del Novecento. Il suo stare appartato, la sua vocazione mai pura ma sempre bivalente, anfibia, lo rendono difficile da prendere, da catturare. Per questo spesso lo abbandono, e spesso, come in questo caso, lo riprendo.
Data recensione: 03/04/2007
Testata Giornalistica: La voce di Romagna
Autore: Luca Nannipieri