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Almeno trecento pagine battute a macchina, che formano una vera e propria saga familiare e storica. Esiste un romanzo incompiuto nel cassetto di Oriana Fallaci: è l’opera che l’aveva

Almeno trecento pagine battute a macchina, che formano una vera e propria saga familiare e storica. Esiste un romanzo incompiuto nel cassetto di Oriana Fallaci: è l’opera che l’aveva impegnata dagli inizi degli anni Novanta, dopo la pubblicazione di Insciallah, la cui stesura fu poi momentaneamente interrotta per la ferita profonda, e mai rimarginata, dell’11 settembre 2001.
È il racconto, di cui non si conosce ancora il titolo, condotto su un registro all’apparenza corale, attraverso tante voci (molte anche “minori” o sorprendenti come un saltimbanco o una strega) che s’incarnano e si unificano nella stessa voce della Fallaci, alle prese con la storia della sua famiglia, anzi delle due sue famiglie, la materna e la paterna. E tutto sullo sfondo di grandi eventi storici e piccoli accadimenti domestici che vengono a occupare la scena per circa duecento anni, dal ’700 fino ai giorni della Liberazione di Firenze dalle truppe nazifasciste, nel 1944.
Il romanzo che la Fallaci riprese a scrivere nel 2004 e che la accompagnò fino agli ultimi giorni, doveva rappresentare una sorta di ultima perlustrazione nelle origini. Una discesa nel Limbo dell’“infanzia” e della “maturità” familiare attraverso il correre delle diverse generazioni e dentro i vari tumulti della storia, con il loro caotico correre. Dell’inedito testo, confermando la sua esistenza, parla ora con dovizia di particolari Mario Graziano Parri nell’ultimo numero del quadrimestrale fiorentino “Caffè Michelangiolo” da lui diretto, che ha un dossier interamente dedicato alla giornalista, con una intervista mai letta e un ricordo inedito del padre Edoardo, pronunciato in occasione della sua morte.
Parri ricorda gli ultimi incontri con la fallaci che lo aveva messo al corrente del suo progetto letterario. Per lei quello doveva essere «il romanzo di Firenze e della sua famiglia» che era sempre stato uno dei suoi interessi e anche argomento di conversazione prediletto, a volte recuperato per gli amici fiorentini, con molti aneddoti sugli antenati, spesso «assai divertenti e francamente spassosi».
In modo particolare Parri rievoca un sopralluogo fiorentino piuttosto movimentato, quello in via de Serragli alla metà degli anni Novanta. La Fallaci era alla ricerca di materiali inediti e «da quelle parti dovevano trovarsi indizi che riguardavano il bisnonno, il nonno e il padre (eroe della Resistenza e fondatore del Fiom). Lì era dislocata una testa di ponte del movimento operaio. Gli antichi laboratori artigiani erano però nient’altro che scheletri, e nessuno da quelle parti sembrava disposto a ricordare...Le premeva soprattutto mettere le mani sull’atto di solidarietà con gli internazionalisti condannati a Roma come malfattori nel febbraio del 1889, fra di loro Errico Malatesta...».
La scrittrice faceva personalmente ricerche e altre ne affidava agli amici fiorentini più cari. Ad esempio a Vittorio Cosimiri che aveva diretto la casa editrice Utet o allo stesso Parri della cui collaborazione si avvalse quando lei tornò a New York, per recuperare nuove fonti documentarie. Parri, che per lei andò a caccia di carte di ogni tipo disperse in archivi e biblioteche di Firenze e della Toscana, ricorda ancora che la Fallaci chiedeva soprattutto materiali e indizi che riguardavano almeno tre generazioni della sua famiglia, dal bisnonno al padre. «Voleva i fatti, non la poesia: voleva i documenti, il marchio a fuoco di quei caratteri che hanno fornito una fiera e cruda passione al socialismo italiano».
Data recensione: 28/12/2006
Testata Giornalistica: Il Messaggero
Autore: Renato Minore