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Che nel cassetto di Oriana Fallaci sia rimasto un romanzo inedito è cosa nota. Ne accenna anche Sandro Sechi, uno degli ultimi collaboratori della scrittrice, nel suo pettegolo

Che nel cassetto di Oriana Fallaci sia rimasto un romanzo inedito è cosa nota. Ne accenna anche Sandro Sechi, uno degli ultimi collaboratori della scrittrice, nel suo pettegolo “Gli occhi di Oriana” (Fazi, pp. 188, euro 13,50). Sechi scrive di aver intravisto un enorme faldone, composto da molte pagine fitte di correzioni, come abitudine della Fallaci. Gli eredi, ora, sembrano intenzionati a pubblicare postumo il corposo dattiloscritto. Il titolo è ancora segreto. Tuttavia, nell’ultimo numero (...) della rivista «Caffè Michelangiolo» (Polistampa), lo scrittore Mario Graziano Parri offre, nell’articolo "Donna come me", qualche indiscrezione su cosa leggeremo. La Fallaci aveva in mente un grande romanzo familiare. Iniziò a lavorare a questa idea all’inizio degli anni Novanta, subito dopo l’uscita di Insciallah (1990). La stesura fu interrotta nel 2001, quando, sulla scia dell’emozione per i fatti dell’11 settembre, la scrittrice si dedicò per intero alla Trilogia che ha conquistato milioni di lettori.
Negli ultimi tempi, però, aveva ricominciato a scrivere il libro che, diceva lei, la avrebbe avvicinata per sempre a Curzio Malaparte, Hemingway, Dos Passos, Jack London, Dickens. Scrittori giornalisti, o meglio scrittori prestati al giornalismo.

ALLA RICERCA DI DOCUMENTI
Parri racconta le prime fasi della lavorazione (nel biennio 1993-1994) e in particolare la caccia ai documenti storici negli archivi di Firenze. Fu Parri stesso infatti ad accompagnare la Fallaci nelle sue ricognizioni nelle biblioteche e perfino nei quartieri della città in cui era germogliato e cresciuto il socialismo fiorentino.
«Aveva in mente un nuovo libro – scrive Parri – il romanzo di Firenze e della sua famiglia. Era alla ricerca di materiali, e da quelle parti (via de’ Serragli) dovevano trovarsi indizi che riguardavano bisnonno, nonno e padre. Se non lo stato maggiore, lì era dislocata una testa di ponte del movimento operaio».
Negli anni Novanta, però, restava poco o nulla di quel mondo ormai tramontato. «Gli antichi laboratori artigiani erano adesso nient’altro che scheletri, e nessuno da quelle parti sembrava disposto a ricordare. Lei tuttavia non arretrava, stambugi e androni in abbandono venivano esplorati e su chi trovava sul suo passo scaricava raffiche di domande che non avevano risposta».
Le capitò anche di scontrarsi con una certa diffidenza. La Fallaci non si dava certo per vinta e ruggiva: «Non è tanto quello che cerco ma quello che voglio!», cioè «lo schiamazzo, il ruggito della rivolta. Il preliminare dell’azione contro le egemonie e gli arbìtri del potere. Contro lo straripare della politica, questo fato dell’età moderna come aveva previsto Napoleone».

ANARCHICI E SOCIALISTI
Nel romanzo, la storia della famiglia Fallaci è quindi inserita nella grande storia nazionale e europea. Si parte dal Settecento, l’epoca dei Lumi, e si arriva almeno fino alla Liberazione di Firenze dalle truppe nazifasciste nel 1944. Un evento, quest’ultimo, in cui il padre Edoardo e Oriana stessa avevano avuto un ruolo di primo piano.
Alla scrittrice interessavano anche gli anni ruggenti del socialismo e dell’anarchia. (Agli «amici anarchici» ella si rivolse poco prima di morire quando minacciò di far saltare in aria il minareto di Colle Val d’Elsa).
La Fallaci aveva il culto del documento, pezza d’appoggio necessaria per una ricostruzione storica di così ampio respiro. Per questo, cercava tutto il materiale disponibile sul Congresso di Firenze del 1861, in cui i mazziniani si impadronirono del movimento delle Società operaie fiorentine.

QUANDO ORIANA VOTO’ MARIO SEGNI
A parte questo, nell’articolo di Parri c’è anche un aneddoto gustoso. Nel marzo 1994 la Fallaci gli chiese per chi avrebbe votato alle ormai prossime elezioni politiche. Parri le suggerì Mariotto Segni.
La Fallaci accettò il consiglio. Se ne pentì non appena furono disponibili i primi risultati: «Lei mi telefonò in piena notte, - scrive Parri – le proiezioni preannunciavano una inaspettata riuscita della destra. “Parri!”, fece. “Mi ha fatto votare per un perdente!” Farfugliai una risposta: a sentire il suo Malaparte, a vincere sono buoni tutti. Credo fosse quella giusta perché abbasso la cornetta e per qualche giorno non si fece sentire».
Data recensione: 28/12/2006
Testata Giornalistica: Libero
Autore: Alessandro Gnocchi