Fu durante un banchetto, organizzato nel 1216 fra nobili e cavalieri fiorentini nella Rocca Strozzi di Campi Bisenzio
Fu durante un banchetto, organizzato nel 1216 fra nobili e
cavalieri fiorentini nella Rocca Strozzi di Campi Bisenzio, che un giullare –
su ordine del padrone di casa – fece sparire con destrezza il ricco tagliere
che Buondelmonte de’ Buondelmonti aveva sotto il naso. Il troppo vino bevuto
trasformò lo scherzo in offesa, le urla sparecchiarono l’allegria, la brigata
si divise in due fazioni e la tavola divenne terreno d’offese. Non contenti, se
le dettero di santa ragione. L’ospitante Oddo Arrighi restò ferito e, come
riparazione, la sua parte pretese che Buondelmonte sposasse la figlia degli Amidei.
La pace durò un niente perché il rissoso giovanotto, invece di presentarsi all’altare,
si fidanzò con un’altra, firmando così la sua morte. Pochi giorni dopo,
infatti, la mattina di Pasqua, venne ammazzato sul Ponte Vecchio. A questi
fatti si fa risalire la divisione della città in guelfi e ghibellini, con la
marea di guai che patirono soprattutto le classi meno abbienti, costrette a
seguire alleanze e decisioni sanguinarie dei banchieri e dei mercanti che
governavano le sorti di Firenze. Magnati tanto ostinati, leggiamo Nel cerchio dei golosi. A tavola ai tempi di
Dante (Maria Concetta Salemi, Mauro Pagliai editore), che decisero di
distinguersi persino nel gustare il cibo. «Si narra – conferma la Salemi – che
Guelfi e Ghibellini avessero regole diverse a tavola: mentre i primi
sistemavano le posate sulla destra e spezzavano di lato il pane, i secondi
disponevano le posate in obliquo sul tavolo e tagliavano il pane di sopra o di
sotto».
Ai tempi di Cacciaguida, trisavolo dell’Alighieri, era sobria pure la tavola, e
la Salemi ne sintetizza la semplicità con due ricette, una a base di rape,
pane, brodo di carne e cacio grattugiato, la seconda con lenticchie e maiale.
Palato e comportamento di Dante, che tenne di certo presente gli insegnamenti,
per sé e nello scrivere la Commedia, che il suo maestro Brunetto Latini
tramandò nell’allegorico Tesoretto, condannando ingordi e avari, esaltando
liberalità e cortesia. Un accenno: «E tegno grande scherna chi dispende in
taverna; e chi in ghiottornia si getta, o in beveria, è peggio che omo morto e
’l suo distrugge a torto. E ho visto Loggia del Bigallo, la più antica visione
di Firenze (XIV sec.) persone ch’a comperar capone, pernice 63 e grosso pesce,
lo spender nolli ‘ncresce: ché, come vol sien cari, pur trovansi i danari, si
pagan mantenente, e credon che la gente lili ponga illarghezza; ma ben è gran
vilezza ingolar tanta cosa che già fare non osa conviti né presenti, ma colli propî
denti mangia e divora tutto: ecco costume brutto!».
D’altra parte, «la gola e la lussuria che esponevano la gente di Dante al
pericolo dell’Inferno, non sono forse ancor oggi pericoli che proprio per la
loro piacevolezza sappiamo di dover tenere a bada?» rammenta lo stesso Franco
Cardini nella presentazione del testo della Salemi pubblicato in occasione
dell’Anno dantesco. E a proposito del settecentenario della morte del Poeta,
segnaliamo il viaggio dal Falterona al mare (La Divina Toscana, Mario Lancisi, Sarnus), alla scoperta di diversi
«luoghi di Dante Alighieri».
Data recensione: 01/04/2021
Testata Giornalistica: Reality Magazine
Autore: Alfredo Scanzani