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Da Goethe in poi il viaggio “di conoscenza” in Italia è diventato un uso stabile nelle coscienze e nelle azioni

Roma: ovvero la nuova tendenza letteraria

Da Goethe in poi il viaggio “di conoscenza” in Italia è diventato un uso stabile nelle coscienze e nelle azioni delle persone colte e degli Stati esteri che avevano con lei condiviso ere e periodi storici complessi. Dopo Goethe, – per citare il più celebre, ma altri, fin dai secoli più lontani, vi erano giunti – la gita, il viaggio, la puntatina solo nella Capitale avrebbero iniziato un obbligo: non si era uomini se non si aveva messo piede nell’Urbe immortale. Se si veniva per il Papa non è stato mai detto. Si veniva, e basta: Goethe non trascurava di ammirare signore e popolane della città oltre alle sue bellezze.
Ma dalla fine dell’Ottocento questa simpatica consuetudine si è molto attenuata: poche parole, o qualche critica, e di personaggi sconosciuti.
Oggi, la presenza in letteratura di Roma è diventata un punto fermo ed una tendenza, e non solo degli stranieri (Magda Szàbo, Grass, Simenon, e così via) ma anche degli scrittori italiani più o meno celebri, come Moravia, il quale ne ha fatto spesso teatro delle sue creazioni, Buzzati, ed infiniti altri, per fermarsi piacevolmente all’ultimo libro fresco di edizione: Splendi sole!, di Giorgio Antonelli, edizioni Pagliai, di recente presentato alla Casa delle Letterature.
I racconti contenuti in questo volume sono inusuali per stesura e per oggetto narrato; il linguaggio adoperato è composto da periodi brevi e staccati, con un carattere di visibilità pari a quelli di un film, scorrevole e conciso, come se si annotasse una serie di quadri collegati. Anche per questo è ampio l’uso di termini semplici o familiari, senza decadere nel volgare o in un’aura gergale voluta. I racconti non vogliono dimostrare nulla, ma mostrare tanto: la felicità o infelicità talvolta di strani individui, il loro muoversi quotidiano, i sentimenti, l’incertezza di un adolescente, l’interrogativo permanente del vivere, l’amore accettato o rifiutato. L’ombra di una fine, lo spezzarsi di un volo, collocato o passato su l’interlocutore costante dei racconti: Roma. Quale Roma? Quella di tutti: sia pure il Vittoriano, ma anche Eataly, il Raccordo Anulare, una via buia, la “Groviera” della Civiltà del Lavoro… non manca pagina, non manca brano, dove non sia citata, ritratta, esemplata, descritta Roma e la sua grandiosa bellezza. È un marcarsi piano e progressivo, una presenza possente e generosa che di bel nuovo si fa avanti nel mondo dei libri belli, la Città veramente Eterna se, come in questo libro che segue la tendenza di parlare di lei in pieno, domina l’arte letteraria al punto da essere indispensabile.
Roma non sarà mai un’anonima città da Metropolis, è troppo ricca di sé. Si può plauderla o odiarla, ma essa è sempre troneggiante nella vita ora come ieri. E qui, grazie all’Autore, che la si riscopre in mille sfaccettature e si fa persona quasi dialogante attraverso la singolarità dei suoi concetti e del suo stile.
Data recensione: 01/01/2019
Testata Giornalistica: Voce Romana
Autore: Marilù Giannone