“Non ci sono più i padri di una volta”. È quello che ci diciamo da tempo tra amiche, da quando gli uomini della nostra vita
Siamo una società fondata sul Padre e ci siamo illuse che i
nostri mariti fossero come i nostri padri e che sapessero fare i mariti e pure
i padri dei nostri figli
“Non ci sono più i padri di una volta”. È quello che ci diciamo da tempo tra
amiche, da quando gli uomini della nostra vita ci hanno deluso, fossero mariti,
amanti, compagni… Insomma è scomparso
“l’uomo tutto d’un pezzo”, colui dal quale ci aspettavamo molto di più. E che
cosa? Di essere protette, come hanno fatto “i nostri padri super eroi”, che ci
hanno amate, vezzeggiate, viziate. Siamo state fortunate, perché a molte non è
andata così bene. Un’amica mi ha raccontato che il padre, quando tornava a casa,
la picchiava senza motivo. La denigrava, dicendole che non avrebbe mai fatto
nulla di buono. Un’infanzia da impazzire.
I Padri con la P maiuscola esistono ancora? Il padre non sa più fare il Padre.
Siamo una società fondata sul Padre e ci siamo illuse che i nostri mariti
fossero come i nostri padri e che sapessero fare i mariti nostri padri e pure i
padri dei nostri figli. Dovevano risolvere ogni problema familiare e
mantenerci. Mio padre l’ha fatto finché è riuscito a stare in vita, nonostante
moglie e sigaretta. O grazie alla sigaretta, oltre al lavoro, unici modi per
sopportare una moglie che non ha voluto crescere.
Ho rifiutato il matrimonio perché solo l’idea di farmi accompagnare all’altare
da mio padre e affidare ad un altro uomo, mi faceva accapponare la pelle. La
mia esistenza che passava da un uomo all’altro. E io grande mai? Indipendenza
uguale libertà. Talvolta c’è libertà solo nella fuga. Sì, all’epoca era appena
stato introdotto il divorzio, ma era ancora un tabù, era visto come un disonore,
una colpa verso i figli. Meglio evitare il matrimonio, dunque. Eppure mi è
dispiaciuto dare questa delusione a mio padre: era il sogno della sua vita
vedermi “sistemata”. Sistemata dove? In una gabbia dorata. Io non vedevo l’oro,
solo le grate perché mi ero già resa conto che mio padre era unico e potevo
finir male. Oggi invece della gabbia molte vedono solo l’oro, tanto c’è il
divorzio e giudici protettivi nei confronti della moglie disoccupata. E via a
cercare un nuovo padre/marito per farsi una rendita milionaria senza lavorare.
Ma non posso fare un elogio del padre sulla mia esperienza di figlia. Oggi il
padre non sa più fare il padre, si dice. Perché l’uomo non è più uomo, non è
valoroso. Non sa trasmettere i valori maschili né quelli epici di un popolo. E
come gli uomini non sanno proteggere la famiglia, così non proteggono il
proprio Paese. Sono i connazionali da proteggere o gli extracomunitari quali
esseri umani bisognosi di asilo? Ecco allora assurgere il nerboruto “padre
Salvini” a “Padre della Patria”. Un’intera nazione si affida come una mammola a
un uomo solo: non basta un Salvini a proteggere la patria. L’errore è già stato
fatto nei secoli e ha raggiunto la sua apoteosi con la scelta di Mussolini.
La patria non è più la terra dei padri. Ma lo è mai stata? E le donne dove
sono? Ne riparleremo.
Qui voglio segnalare un piccolo grande libro che mi ha molto fatto pensare: Se fossi padre, di Pietro Spirito e
pubblicato da Mauro Pagliai Editore nella collana “Le ragioni dell’Occidente”;
nel posto giusto appunto, perché la crisi del padre è culturale. È impossibile
per una donna capire il rapporto padre-figlio, ma Spirito ha saputo
trasmetterne la difficoltà attraverso storie narrate con levità. È l’eterna
lotta tra generazioni sul modello paterno imposto e difeso da una parte,
combattuto e rifiutato dall’altra. Talvolta però il dissidio è vinto
dall’amore; ci vuole reciprocità per amare come per combattere. Altrimenti è
solo sterile contestazione di un figlio inadeguato o prevaricazione di un padre
egoico. Oggi vedo figli che considerano un loro diritto ereditare ciò che hanno
fatto i padri, mettendoli da parte perché ormai inutili, e vedo padri che
vogliono figli a loro immagine e somiglianza, quasi fossero il prodotto della
loro fatica lavorativa da immettere sul mercato.
In questi racconti c’è un figlio che copiava testi di libri per essere un
grande scrittore come il padre, c’è un padre che aveva una doppia vita che il
figlio scoprirà dopo la sua morte. Spesso i padri lavoratori prendono la famiglia
così seriamente da concedersi le distrazioni solo al di fuori di essa. Ma
basta, non si devono raccontare i racconti: un libro deve essere letto perché
parla in modo diverso ad ognuno di noi. Vi assicuro che sono dodici storie
maledettamente vere che stringono il cuore. La tredicesima tuttavia rivela,
attraverso un insegnamento all’apparenza banale, l’arte di arrangiarsi da soli:
è questo il senso della paternità.
Data recensione: 13/04/2019
Testata Giornalistica: La Voce di New York
Autore: Elisabetta De Dominis