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Il 15 marzo (le nefaste Idi) di quest’anno ha visto la luce l’ultimo numero, in ordine di tempo

Il 15 marzo (le nefaste Idi) di quest’anno ha visto la luce l’ultimo numero, in ordine di tempo, del fiorentino Caffè Michelangiolo. La rivista prende il nome dall’omonimo caffè che, aperto a Firenze nella rinomata via Larga, era stato il tradizionale punto di ritrovo di artisti e letterati toscani (e non solo) del secolo scorso. Fra i collaboratori del primo numero figuravano Giorgio Bàrberi Squarotti, oggi purtroppo scomparso, l’ottocentista Marino Biondi, il georgofilo Zeffiro Ciuffoletti, il latinista Alessandro Fo (fratello di Dario ma più bravo di lui), Enrico Ghidetti (allievo di Walter Binni), Giorgio Luti (oggi scomparso, già allievo del grande De Robertis), Antonio Pane, Ernestina Pellegrini, Antonio Tabucchi (il «dubitatore impegnato »). Fra i molti argomenti: poesia, narrativa, arte, musica, teatro, letture.
In ogni numero viene, inoltre, approfondito un personaggio della nostra cultura. Fra gli altri: Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Carlo Levi, Dino Campana, Vittorio Gassman, Lalla Romano, Curzio Malaparte, Enrico Vallecchi. Si tratta di una delle poche voci libere di cui la cultura italiana, non solo umanistica, oggidì dispone per celebrare, al di là delle buone intenzioni, da tutte condivise, da pochissimi praticate, il reale e concreto tentativo di dar vita a un’impresa di motivazione collettiva, etico-civile prima ancora che artistica in senso stretto, ossia meramente tecnica. Qui è in ballo l’appello a un risveglio delle coscienze, e scusate se è poco. Chissà perché, proprio da questa genìa di «maledetti toscani», noti sacrileghi e bestemmiatori (chi scrive ha tutti i titoli per affermarlo, essendo egli tosco per metà), sorgono talora degli scorci di sapienza e di umanità che sfiorano gl’incanti dell’estasi (non solo religiosa), la purezza francescana, la mitezza dei santi.
Data recensione: 01/09/2018
Testata Giornalistica: Studi Cattolici
Autore: ––