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MANTOVA - Qualcuno grida al fenomeno, e potrebbe essere molto pericoloso. Perchè l’essere già osannati a 28 anni e con due soli libri pubblicati («Touché», nel 2000, Polistampa

MANTOVA - Qualcuno grida al fenomeno, e potrebbe essere molto pericoloso. Perchè l’essere già osannati a 28 anni e con due soli libri pubblicati («Touché», nel 2000, Polistampa Edizioni, e «Pugni», 2006, Sellerio), mette in moto un meccanismo infernale per cui tutti si aspettano da te una produzione solo in crescendo. C’è da dire che Pietro Grossi, fiorentino momentaneamente a Milano, giramondo e versatile (ha fatto lo skipper, il barman, il pubblicitario, ha lavorato a New York per una casa di produzione cinematografica, allievo di Alessandro Baricco alla scuola Holden) per quanto riguarda il suo futuro non ha nessuna certezza, e nemmeno timori. È lui uno degli esordienti di punta della decima edizione del Festivaletteratura di Mantova. L’appuntamento con lui è venerdì al Chiostro di Santa Paola alle 10.15
Che cosa racconterai al pubblico di Mantova, Pietro?
«Posso dire che non lo so? Purtroppo io del Festival ho sempre soltanto sentito parlare. Quello che è sicuro è che sono emozionatissimo. Con me ci sarà Erri De Luca. Ho letto i suoi libri, l’ammiro molto ma non l’ho mai visto. Sarà divertente stringerci la mano per la prima volta in pubblico».
Di che scrivi? In quali argomenti ti piace muoverti?
«I temi che mi interessano sono tanti, la crescita, i cambiamenti, le sfide. Ma non c’è un’ambientazione fissa. I tre racconti di “Pugni”, ad esempio, parlano di un ragazzo che ama boxare, di due fratelli che ricevono in regalo un cavallo da domare e di un ragazzo che a un certo punto comincia a comportarsi da scimmia. Qualcuno ha detto che sono racconti agonistici. Mi piace. Per quanto mi riguarda, ho un rapporto un pò da padre a figlio con i miei libri, li amo ma li capisco fino a un certo punto. Parlo delle cose che scrivo con difficoltà, e dico cose banali».
Pensi che fare lo scrittore sia la tua scelta di vita definitiva?
«Ah, proprio non so. In questo momento fortunato vivo benissimo alle spalle della mia passione. Domani non so. Se sarò in bolletto aprirò un ristorante. O farò il cameriere da Cristiano Cavina, che è uno scrittore romagnolo ma fa anche le pizze.»
Niente vocazione per uno che ha scritto un libro a 8 anni?
«Non parlerei di vocazione, mi piacevano le macchine per scrivere. E anche quando ho scritto “Touché” non ne ero entusiasta. Oggi mi accorgo che non ero ancora pronto, avevo 18 anni.
Adesso ti senti meglio?
«Vivo sempre la scrittura con un pò di sofferenza. Diciamo che ora ho trovato un mio metodo: tutti i giorni stacco la spina, chiudo gli occhi e lascio andare le mani dove vogliono. L’ho imparato da Hemingway. È uno dei miei autori preferiti. Lo sento vicino, come se fosse lì a spiegarmi. Ho letto che lui smetteva sempre quando lo prendeva la foga di scrivere, così sapeva dove cominciava il giorno dopo e non si esauriva. Non è geniale?».
Data recensione: 06/09/2006
Testata Giornalistica: Il Giorno
Autore: Luisella Seveso