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Allora adesso anche Viareggio ha il suo “eroe indagatore”. Sarebbe interessante ridefinire una geografia del nostro Paese, una mappa dell’Italia, attraverso le avventure

Allora adesso anche Viareggio ha il suo “eroe indagatore”. Sarebbe interessante ridefinire una geografia del nostro Paese, una mappa dell’Italia, attraverso le avventure di quella che è ormai una legione di poliziotti, carabinieri, giornalisti, investigatori privati, magistrati in lotta contro il crimine.
A Lucca ce ne sono, operativi, almeno due e ora anche la “Perla del Tirreno”, può vantare il suo “sceriffo”. Ma Carlo Felicino, il protagonista di Corpo morto a paratia, rispetto ai suoi numerosi omologhi milanesi, romani, napoletani, siciliani, vanta alcune specificità che lo rendono unico. Infatti non è un giornalista, né un rappresentante delle forze dell’ordine, né un sostituto procuratore: è sì un ispettore, ma del lavoro, ovvero si occupa della sicurezza sui luoghi dove si svolgono le attività produttive. Li controlla e, in caso di carenze normative, sanziona. Felicino svolge questo suo compito senza accanimento, con zelo, serietà e tenacia, con la determinazione necessaria che gli viene dalla consapevolezza dell’importanza del suo ruolo. E quando all’interno della tristemente nota Costa Concordia in via di smantellamento nel porto di Genova viene ritrovato un cadavere, siccome quella nave da crociera era stata assemblata a Viareggio, tocca a Felicino e al suo gruppo di lavoro, la Sila - Squadra Infortuni sul Lavoro - avviare le indagini per accertare le cause, le responsabilità e i responsabili di quel delitto. Perché per il magistrato, il procuratore della Repubblica dottor Ettore Pietravigna, un morto sul lavoro non è diverso da un morto ammazzato.
Inizia così una storia di delitto e trasgressione, mistero, indagine, risoluzione dell’enigma e punizione dei colpevoli che si dipana secondo le migliori convenzioni del genere poliziesco. Ma Corpo morto a paratia presenta anche alcune sue specificità. Intanto per i luoghi in cui si svolge l’indagine: Viareggio in una delle sue prime apparizioni sulle pagine di un romanzo poliziesco, Però non la città vacanziera dei bagni, della Passeggiata, dei ritrovi mondani e dei locali notturni che l’hanno resa famosa, ma la Viareggio laboriosa della Darsena, dei cantieri navali, degli imprenditori, degli artigiani e degli operai senza trascurare i loro luoghi di vita e di lavoro. Quella meno nota che rimane nascosta ai più, ma che senz’altro costituisce la parte più autentica, più genuina della città e della sua storia. Originale, poi, il protagonista, Carlo Felicino, un “eroe indagatore” assolutamente normale. Non ha nulla dei protagonisti disillusi, malmessi, ciancicati di tanta narrativa poliziesca recente. Carlo Felicino vive con serenità l’età di mezzo; è soddisfatto del suo matrimonio; non è in conflitto con i superiori; svolge con passione il proprio lavoro; è consapevole della presenza del male nel mondo, ma non se ne fa sopraffare e, insieme ai suoi collaboratori, si adopera, per quanto può, di porvi argine. Ama la buona cucina e, a differenza di Maigret a cui mi sentirei di apparentarlo, non fuma la pipa. Acuto e intelligente nel relazionare tra loro eventi e indizi, evita ogni cerebralismo inutile, e qualsiasi genere di intuizioni eccentrica e complicata. Lo supportano validamente i suoi collaboratori: un maresciallo dei carabinieri, un agente scelto di Ps e un vigile del fuoco. Poi la conoscenza del territorio e degli ambienti di lavoro insieme a una puntuta sensibilità per le pieghe, gli anfratti meno visibili, meno luminosi dell’animo umano. Sullo sfondo Viareggio e la Versilia: una terra una volta - e forse ancora - benedetta da Dio, ma oggi attraversata dalla presenza di vasti e profondi poteri criminali che gestiscono rilevanti traffici illegali: droga, prostituzione, riciclaggio di denaro sporco, racket illegale di manodopera. Non poche, poi, le complicità presenti anche in ambienti che il senso comune tende a ritenere rispettabili e quindi intoccabili. Attenzione, ci manda a dire l’Autore, perché da tali contiguità l’intero tessuto sociale rischia di rimanere avvelenato. Perché Felicino e la Sila non bastano. Possono anche vincere qualche battaglia, come in questo caso, ma la guerra contro il crimine organizzato è questione di lunga lena e occorre che tutti - istituzioni sindacati, magistratura, forze dell’ordine, organi dell’informazione - facciano la loro parte ancora di più e ancora meglio di quanto avviene oggi.
Tutto questo viene raccontato in poco più di 200 pagine di una scrittura cordiale, fruibile, accattivante; Carlo Felicino, i suoi aiutanti, i territori da loro battuti sono d’invenzione, ma assolutamente realistici. E lasciano al Lettore la voglia di saperne ancora e quindi la disponibilità a lasciarsi prendere da altre storie: altre favole contemporanee all’altezza dei tempi difficili e complicati che ci troviamo a vivere.
Data recensione: 28/10/2017
Testata Giornalistica: Gazzetta di Lucca
Autore: Luciano Luciani