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“Noi siamo gli ultimi che si resta e si spara. Ci garba chiamarci franchi tiratori ma gli altri ci chiamano cecchini, come i soldati di Cecco Beppe

“Noi siamo gli ultimi che si resta e si spara. Ci garba chiamarci franchi tiratori ma gli altri ci chiamano cecchini, come i soldati di Cecco Beppe che nell’altra guerra tiravano addosso ai nostri quando meno se lo aspettavano, Noi si tira a chi si merita di morire, e sono tanti” Parole crude che grondano di speranza e sangue, una passione dietro la quale c’era quasi sempre la morte, in battaglia o davanti un plotone di esecuzione, che pervade da protagonista lì intero romanzo “Fascista da morire” (204 pagine, 13 euro, Mauro Pagliai Editore). Il cecchino-franco tiratore che ragionava in questi termini si chiamava Mario ed era uno dei trecento giovani o meno giovani fascisti fiorentini che nell’ agosto del 1994 decisero di cercar la bella morte, ma non senza averne data prima ai nemici inglesi o partigiani, che dai tetti sparavano lai liberatori, per loro conquistatori o traditori, quando il fronte arrivo sull’ Arno e nella città di  Dante, La guerra era già persa - e lo sapevano anche se era sempre possibile un miracolo (l’arma inesistente di Hitler?)- e i tedeschi e lì esercito regolare della Repubblica Sociale Italiana si erano già ritirati da Firenze dopo aver fatto saltare tutti i ponti, escluso il più famoso, e aver armato i trecento dell’ultima raffica. Dell’ ultimo colpo, Gli inglesi e i partigiani scesi dalla colline che fan da corona alla città e dai monti dell’ Appennino erano dunque “padroni” della città ma non ancora dei suoi tetti, abbaini e fogne -proprio così: i cecchini spuntavano all’ improvviso dai tombini, sparavano e tornavano sotto- dove i trecento fieri disperati opposero per due settimane l’ ultima resistenza. Morirono quasi tutti, la bella morte che cercavano. Mario è il personaggio di fantasia, ma nel contesto di una realtà storicizzata, ideato da Mario Bernardo Guardi (stesso nome...), scrittore di Ponsacco e già professore del liceo di Pontedera, autore e critico letterario per varie testate anche nazionali. Mario sentì bruciare dentro di sé quella febbre che lo portò sui tetti a sparare dopo aver visto fucilare un gruppo di fascisti e rapare e portare in giro ragazze. Nel romanzo compaiono anche personaggi reali e importanti come Malaparte, Pavolini, Soffici e lo scrittore Romano Bilenchi, già fascista e poi capo partigiani, che sconsiglia Mario di fare quella scelta senza prospettive, Però Mario è ormai invaso da quella febbre.
Data recensione: 14/10/2015
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Mario Mannucci