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Mentre il processo sulla cosiddetta trattativa continua a trascinarsi, con udienze sempre più spesso saltate, resta, oltre la pletora di processi e indagini parallele, il dibattito

Mentre il processo sulla cosiddetta trattativa continua a trascinarsi, con udienze sempre più spesso saltate, resta, oltre la pletora di processi e indagini parallele, il dibattito a base di articoli e libri. Ieri sul Fatto un articolo riguardava un libro dedicato appunto alla trattativa, “Tre procure, tre verità” di Giampaolo Grassi, in cui si analizzano i divergenti approcci al tema da parte delle procure di Palermo, Firenze e Caltanissetta. Più che il libro, nell’articolo viene contestata la prefazione firmata da un pm fiorentino, Giuseppe Quattrocchi, definito “negazionista” perché ritiene che della famosa trattativa non ci sia prova. Dell’oscena scelta di aggettivare chi ha dubbi su un’indagine di Ingroia e Di Matteo allo stesso modo di quelli che negano la shoa, qui si è già scritto. Sta di fatto che la procura di Firenze non crede alla trattativa, al contrario di quella di Palermo, mentre quella di Caltanissetta si pone in una posizione, diciamo così, mediana. È però interessante notare che alla fine dell’articolo, come morale della favola, si riporta il giudizio della presidente della associazione delle vittime della strage di via dei Georgofili: “Le tre procure dovrebbero unire gli sforzi in un coordinamento unico”. Ma non è quello che chiedeva Nicola Mancino nelle sue accorate telefonate al Quirinale?
Data recensione: 17/04/2015
Testata Giornalistica: Il Foglio
Autore: Massimo Bordin