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«Mio padre aveva girato il mondo prima di decidere dove stabilirsi. Venivamo dal Sud, da una Valle disseminata di Templi millenari», si legge a pagina 64 del nuovo romanzo di Alfonso Lentini, Luminosa signora

«Mio padre aveva girato il mondo prima di decidere dove stabilirsi. Venivamo dal Sud, da una Valle disseminata di Templi millenari», si legge a pagina 64 del nuovo romanzo di Alfonso Lentini, Luminosa signora. Lettera veneziana d’ amore e d’ eresia. È la voce narrante che parla, mascherata autobiograficamente: Lentini è infatti originario di Favara, in provincia di Agrigento. E come il suo conterraneo Antonio Russello ne La danza delle acque, ha ambientato la sua nuova storia in uno scenario ricco di suggestione e di declinazioni letterarie: Venezia, città lagunare fascinosa come la destinataria di questa lunga epistola: «Come vede, gentile signora, le scrivo» recita l’incipit. Signora diafana e evanescente, fantasmatica, la cui presenza aleggia misteriosa, impregnando le pagine ma restando fuori da qualsiasi giurisdizione di realismo. A tal punto da venire il sospetto che la lettera in questione non verrà mai letta dalla donna evocata, descritta e però sempre scivolosa e sfuggente alla stregua di un miraggio. E che si tratti in realtà di un escamotage narrativo per dare la sturaa un racconto sospeso tra il picaresco e il generazionale: una sorta di periplo e ricapitolazione di eroici furori. Lentini sa muoversi con eleganza tra il referenziale («E allora non mi resta che riprendere a raccontarle di mio padre e dei suoi amici») e il conativo («Perché, mia liquida luna, viene a letto con me?»), assecondando una sorta di ghiribizzo affabulatorio che affonda le sue radici negli autori siciliani eslege, da Pizzuto a Ripellino tanto per intenderci, veri e propri numi tutelari.
Data recensione: 06/11/2011
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Salvatore Ferlita