chiudi

Leggendo questo libro, già dall’inizio sorge una considerazione sulla figura del nonno. Mentre osserviamo come questa figura venga oggi spesso ridotta nella sua complessità, ora come semplice fascia di consumatori

Leggendo questo libro, già dall’inizio sorge una considerazione sulla figura del nonno.
Mentre osserviamo come questa figura venga oggi spesso ridotta nella sua complessità, ora come semplice fascia di consumatori, ora come supplente alla carenza di servizi pubblici e perfino come uno dei clichets pubblicitari di tipo elettorale; qui vediamo emergere chiaramente nella sua statura Rutilio, che contrasta al nipote Spartaco il ruolo di personaggio principale, spesso confinandolo in quello del narratore. Più che il personaggio risulta la persona, saldamente piantato nel suo vissuto, forse emarginato dalla modernità ma certamente non sradicato, alienato.
Il rapporto che si stabilisce fra il nonno ed il nipote è completamente diverso da quello con il padre, c’è qualcosa di scontato in tale affermazione tuttavia mi pare interessante approfondirla. Il rapporto col nonno si basa su di una serie di eventi che sconfinano nel fantastico, quello col padre su di una realtà che non produce eventi anzi, spesso tinge di grigio la quotidianità. Per dirla come farebbe un poeta, quello col nonno è il significante, col padre il significato. È comprensibile: il vecchio, carico di eventi già vissuti senza più molto da dimostrare, l’uomo invece pressato dalle difficoltà del presente, che si muove in un ambiente mutato che non conosce ancora bene, a differenza del vecchio che ha vissuto in un ambiente forse più difficile ma del quale era padrone.
Il cambiamento imposto alla vita di tutti negli anni successivi alla guerra arriva alle condizioni estreme nel periodo trattato dallo scritto; la sera in casa, a cena, nei gesti emergono le nevrosi, nulla vale più se non il denaro, e gli unici momenti in cui la vita famigliare ritorna a somigliare a quella di prima sono quelli in cui il padre porta a casa la paga, allora si va fuori, ci si cala in quel fatto come se fosse una felicità improvvisa, come per ubriacarsi e non pensare più a quella quotidianità che abbruttisce.
La coabitazione delle tre generazioni facilita il confronto in ogni situazione che si presenta e fa emergere uno strano percorso nei rapporti: quello fra il nonno ed il padre, naturalmente diverso da quello fra il nipote ed il nonno, e in mezzo si evidenzia una frattura in quello fra il padre ed il figlio. Significativo mi pare come Spartaco distrugga letteralmente in poco tempo la bicicletta che il padre aveva usato per anni tenendola come nuova. Certo c’è la caduta d’importanza dell’oggetto in sé, il rifiuto della riverenza verso la cosa ritenuta di valore, ma forse c’è anche un subdolo attacco all’autorità del padre, e di questo parleranno molto le cronache qualche anno dopo.
Cosa è dunque quella sorta di rimpianto che si respira per un diverso ordine delle cose? E’ solo l’inevitabile rimpianto della giovinezza? Oppure è la presa di coscienza che non siamo più come avremmo voluto essere, che palpitiamo ancora per il comportamento di Rutilio in occasione della consegna dell’onorificenza ma sappiamo che non saremmo più capaci di comportarci come lui.
Ci sono stati momenti, e ce ne sono, in cui il libero sviluppo della cultura è stato sospeso, e quello che è rimasto è stato convogliato su di un unico binario. Questo ha lasciato larghe falle nella rete che ci contiene, ci vorrà del tempo perché le scopriamo e cominciamo a riannodare i fili. Allora capiremo, forse non tutti ma sicuramente molti.
Data recensione: 01/03/2011
Testata Giornalistica: Literary
Autore: Patrizia Baraldini