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Il nostro mondo, la nostra civiltà, la nostra vita materiale ha radici molto lontane e variegate. Un quarto di secolo fa Michael Ryder aveva scritto, destando non poco stupore, che «la storia dell’uomo è la storia della pecora».

Il nostro mondo, la nostra civiltà, la nostra vita materiale ha radici molto lontane e variegate. Un quarto di secolo fa Michael Ryder aveva scritto, destando non poco stupore, che «la storia dell’uomo è la storia della pecora». Non dei grandi mammiferi o del nobile cavallo, ma di un animale tanto umile quanto misconosciuto.
Barbro Santillo Frizell si è ricordata di quella frase in un giorno di fine inverno dei primi anni ‘90 mentre percorreva un’antica via della transumanza dell’Italia meridionale che per millenni era stata testimone del passaggio delle greggi in cammino tra i pascoli estivi e quelli invernali. Voleva saperne di più sulla pecora, sulla sua presenza nella letteratura, nell’arte, nella mitologia, e soprattutto nella vita materiale della società agraria. Dalla pecora viva, scrive la studiosa svedese, «si ricavavano sangue, latte, lana e letame, che a loro volta davano alimenti, vestiario, concime e combustibile. Dalla pecora macellata si ottenevano carne, grasso, ossa, pelli, corna e tendini. Dal grasso si ricavavano candele di sego; con tendini e intestini si fabbricavano corde per strumenti e archi; con le pelli si producevano vestiario, coperte, galleggianti, zampogne, otri e libri. In cambio di tutto ciò l’animale non chiedeva che erba fresca». Leggendo il libro scritto in una prosa brillante e illustrato da bellissime fotografie, sotto i nostri occhi scorre il mondo pastorale che la civiltà odierna ha cambiato ma non distrutto. E non è detto, spera l’autrice, che non possa rivivere.
Data recensione: 11/09/2010
Testata Giornalistica: Il Giornale di Brescia
Autore: Giovanni Vigo