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Sarà che prima non ci potevamo neanche credere. Sarà che poi abbiamo fatto finta di niente, come se non fosse successo nulla. Sarà che infine abbiamo cercato di convivere con l’idea che non ci fosse più, che non sarebbe più tornato. Sarà sarà sarà.

Sarà che prima non ci potevamo neanche credere. Sarà che poi abbiamo fatto finta di niente, come se non fosse successo nulla. Sarà che infine abbiamo cercato di convivere con l’idea che non ci fosse più, che non sarebbe più tornato. Sarà sarà sarà. Ma è solo adesso, adesso più di prima, adesso più che mai, che ne sentiamo la mancanza.
Franco Ballerini ci manca. Da matti. Perché lui c’era, e c’era sempre. Alle corse, in tv, in macchina. Alle presentazioni dei libri, alle premiazioni delle glorie, alle feste sociali. Al telefono. Alzavi il telefono, componevi il numero, e lui era lì, rispondeva, anticipava il ciao con il tuo nome, magari affettuosamente storpiato come fanno i toscani per farti sentire più vicino, più intimo, più complice, più famigliare, più presente.
Manca a tutti, Franco. Il Museo del ciclismo, su al Ghisallo, ha allestito una vetrina con gli oggetti presi in prestito dalla sua stanza e dalla sua scrivania. Il Gran premio Industria e Commercio di Prato dedica la sessantacinquesima edizione alla sua memoria. E Gaia Simonetti ha raccolto in un libro – “Azzurra è la notte”, ovvero “Franco Ballerini l’uomo” (Mauro Pagliai editore, 80 pagine, 12 euro) – le testimonianze di chi l’ha conosciuto da vicino. Da Michele Bartoli a Paolo Bettini, da Marcello Lippi a Javier Zanetti, da Franco Chioccioli a Roberto Poggiali, da renato Di Rocco a Riccardo Nencini. Soprattutto la moglie Sabrina e la mamma Graziella. E poi quei due con cui condivideva strada e ciclismo, cioè asfalto e pane: Alfredo Martini e Franco Vita. Martini che lo considera quel figlio maschio che non ha mai avuto. E Vita che va ancora a trovarlo e a raccontargli come gira il mondo senza di lui.
Ballerini ballava tutto l’anno, poi in agosto costruiva la Nazionale, in settembre plasmava la Squadra, infine immaginava e dipingeva la giornata perfetta. Spesso gli riusciva, talvolta no. Invece a noi non riesce neanche di mettere Franco in panchina. Per noi c’è e non c’è. C’è, ma si è alzato un attimo fa, forse è andato al bar o a comprare il giornale o a fare una telefonata. Tornerà fra cinque minuti. Tanto vale aspettarlo.
Data recensione: 13/09/2010
Testata Giornalistica: La Gazzetta dello Sport
Autore: Marco Pastonesi