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A Firenze, presso il quattrocentesco Cenacolo di Fuligno, ex refettorio monumentale del Convento delle Terziarie francescane, una rassegna proposta

A Firenze, presso il quattrocentesco Cenacolo di Fuligno, ex refettorio monumentale del Convento delle Terziarie francescane, una rassegna proposta dal ministero per i Beni e le Attività culturali ed organizzata da eventi Polistampa: 52 opere della scuola del Perugino raccolte attorno al grande affresco dell’Ultimo cena, confermato dalla critica in toto opera autografa del grande maestro Pietro di Cristoforo Vannucci detto il Perugino, con il Cristo al centro dietro la tavola come nella più tradizionale iconografia, ma con una particolare scenografia del porticato alle spalle.
Un omaggio di Firenze a Pietro Perugino che copnsente di porre l’affresco in relazione ad altre opere autografe del maestro, sia di definire eventuali interventi nell’esecuzione dello stesso da parte di collaboratori, attraverso il confronto diretto con altre opere di artisti con i quali fu in contatto, quali lo Spagna, Rocco Zoppo, il Maestro del Compianto di Scandicci, Gerino da Pistoia ed altri. Dire cosa impressioni di più, nelle opere del Perugino, può essere forse riassunto così: la quantita e qualità dei disegni dei personaggi, che servivano sia per i pittori delle sue botteghe o che collaboravano con lui, così da uniformare lo stile, sia a scopo promozionale per convincere eventuali committenti; in secondo luogo, il cambiamento di stile, da personaggi ritratti come s’usava a volti e pose sublimamente seducenti, con un "manierismo" molto marcato. La produzione artistica del Perugino fu copiosissima, ricercata da collezionisti e mercanti d’arte in Italia e all’estero, e questo diede origine ad una scuola non solo umbra ma anche Toscana, con botteghe aperte altresì a Bologna, Milano, Roma e Napoli: come tuttavia soleva ripetere lo storico aretino Giorgio Vasari, a sua avviso il Vannuci metteva «in opera bene spesso le medesime cose» e riduceva «a tutte le figure un’aria medesima» e riduceva «la dottrina dell’arte a maniera».
Ma tutti sappiamo che il Vasari mal sopportava il pittore di Città della Pieve perché non fiorentino e neppure toscano, al punto da definirlo molto attacato al denaro ed «anche persona di assai poca religione, e non gli si poté mai far credere l’immotalità dell’anima».
Infatti, come ricorda il catalogo Paolucci, soprintendente per il Polo Museale fiorentino, il Perugino «dipingeva dolcissime Madonne angelicate, pale d’altare melodiose e fiorite come pezzi di Paradiso caduti sulla terra ma in realtà era irreligioso, praticamente ateo, non credeva nelle vergini e nei santi che pure dipingeva madonne in modo così convincente». A parte tali considerazioni, il Perugino svolse un ruolo importantissimo nella storia della pittura italiana alla vigilia della Maniera Moderna, «mettendo a punto – sono ancora parole di Antonio Paolucci – per la prima volta dai tempi di Giotto una vera e propria lingua figurativa unificante a livello nazionale».
La mostra – la cui conclusione è prevista l’8 gennaio 2006 – rappresenta il primo passo per la nuova destinazione museale del Cenacolo di Fuligno quale museo dedicato al Perugino.
Accompagna la rassegna "Perugino a Firenze. Qualità e fortuna di uno stile" un pregevole catalogo d’arte, per le Edizioni Pagliai/Polistampa, con vari contributi critici in uno alla riproduzione delle opere.
Data recensione: 30/10/2005
Testata Giornalistica: Mondo Agricolo
Autore: Manuela Mattei