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Pisa. Raffinati accostamenti cromatici, un linguaggio pittorico che sfiora il lirismo. Francesco Gioli (San Frediano a Settimo, Pisa 1846 - Firenze 1922) è caratterizzato da uno charme che coinvolge tanto la sua figura biografica quanto quella artistica

Pisa. Raffinati accostamenti cromatici, un linguaggio pittorico che sfiora il lirismo. Francesco Gioli (San Frediano a Settimo, Pisa 1846 - Firenze 1922) è caratterizzato da uno charme che coinvolge tanto la sua figura biografica quanto quella artistica. La vita campestre, gli interni intimi, i suoi ritratti di signore sono avvolti da un’atmosfera di vibrante poesia. Il quarto numero della terza serie de “I maestri della luce in Toscana”, in uscita oggi col Tirreno, è dedicato proprio a questo artista che, tra tutti quelli finora trattati nella collana, è indubbiamente il più tradizionale. A guidarci attraverso le sue opere è la nota storica dell’arte Francesca Cagianelli che ha curato il volume dedicato a Gioli e, con Dario Matteoni, ha ideato l’intera collana, edita da Mauro Pagliai di Firenze.   Fin dal titolo si punta l’attenzione sull’ “eleganza spontanea” di Gioli.
Perché?  
«Alla base di questo volume c’è un’analisi attenta sull’antologia critica del pittore. Compiendo un lavoro statistico, ho cercato la parola usata in maniera più ricorrente dalla critica storica. Il risultato è stato “eleganza”. Di fronte alla categoria del verismo che caratterizza i macchiaioli e gli allievi di Fattori, mi è sembrato significativo mettere in luce come Gioli si sia sempre distinto proprio per questo suo aspetto che è quasi un retaggio dei maestri rinascimentali toscani».  
Raffinatezza che contraddistingue anche il carattere dell’artista.  
«Certo, per i modi sofisticati e per la collocazione sociale era considerato un garçon campagnard, ovvero un “gentiluomo di campagna”. Gioli era una sorta di dandy, uno snob oserei dire, proveniente da una famiglia aristocratica. Non aderisce alla drammaticità rurale ma ne coglie gli aspetti più classici, proiettandoli in una dimensione d’eleganza carica di simboli, non cadendo mai nella leziosità».  
Gioli si colloca in bilico tra 800 e 900. Ma anche spazialmente la sua figura si snoda tra Toscana e alcuni soggiorni europei.  
«Soprattutto a Parigi, nel 1875 e nel 1878. Nel volume questi soggiorni sono stati analizzati attraverso numerose testimonianze di critici e artisti, cercando di sottolineare come la sua pittura presenti una matrice francese, che fa riferimento soprattutto a Degas. A Parigi entra in contatto con molte tendenze artistiche, verso cui ha un approccio anche critico. Per esempio non amava Pissarro».  
Il ruolo della luce nelle opere di questo artista.  
«È importantissima. L’uso frequente di tonalità rosate testimonia la sua volontà di trascrivere attraverso la luce il sentimento e l’emotività».  
Nel volume cerca di compiere rilettura critica dell’opera di Gioli.  
«Si, dando particolare risalto al periodo che inizia con la creazione del dipinto Vita, del 1903. Credo sia questo il momento più interessante della sua arte: quello cioè in cui subisce l’influenza del simbolismo e di D’Annunzio».
Data recensione: 29/10/2009
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Alice Barontini