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Livorno. Di Giovanni Lomi, quest’anno si celebra una doppia ricorrenza: il centoventesimo anniversario dalla nascita e il quarantennale dalla morte. Esce in questo contesto il nono volume a lui dedicato della collana di monografie «I maestri della luce in

Livorno. Di Giovanni Lomi, quest’anno si celebra una doppia ricorrenza: il centoventesimo anniversario dalla nascita e il quarantennale dalla morte. Esce in questo contesto il nono volume a lui dedicato della collana di monografie «I maestri della luce in Toscana», diretta da Francesca Cagianelli e Dario Matteoni, edita da Mauro Pagliai Edizioni (Firenze) e in edicola da oggi con “Il Tirreno” a 9 euro in più rispetto al prezzo del giornale.  «La migliore scenografia è quella che non si fa notare, che non cerca l’applauso a scena vuota» diceva un maestro come Josef Svobode. Elena Pontiggia, che cura il volume «Giovanni Lomi. Trasparenze del ’900» (il primo della terza serie) riprende la frase e la ricollega alla figura introversa e solitaria di Lomi che - come scriveva Alfredo Jeri nel 1928 - era «pittore livornese per eccellenza».  Nel volume l’autrice mette in evidenza l’arte dimessa e poco incline al clamore di Lomi, che era solito soffermarsi sulle piccole cose del quotidiano con una visione quieta e sobria, fatta di colori soffusi e privi di accensioni violente. L’artista amava dipingere le vedute malinconiche della Vecchia Livorno, le campagne con i greggi e i pastori, gli angoli intimi delle città visitate durante i suoi soggiorni ma soprattutto le marine, che sono il suo soggetto più caro con il loro mare quieto e introspettivo. «Lomi procede per via di levare - spiega l’autrice - suggerisce anziché ostentare, toglie anziché aggiungere».  L’artista viene associato da Pontiggia alla scuola dei macchiaioli proprio per l’inclinazione al vero e alla sincerità espressiva che lo contrassegnano. Ma nel volume si sottolineano anche gli aspetti che caratterizzano e rendono personale la sua figura rispetto alla corrente toscana: in particolar modo la vocazione alla misura che lo fa rifuggire da ogni tematica solenne. Oltre a una rinnovata visione sintetica della realtà che nasce dal contatto con i fervori del ’900 di cui, in qualche modo, il pittore ebbe esperienza soggiornando vicino a Milano a partire dagli anni della prima guerra mondiale. Il volume dunque tenta di storicizzare in maniera innovativa e non campanilistica la figura di Lomi mettendo in risalto esperienze come la partecipazione alla Biennale di Venezia nel’42 e alla Quadriennale di Roma nel’48. Senza per questo dimenticare l’influenza che Livorno ha avuto nella sua arte.
Data recensione: 08/10/2009
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Alice Barontini