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Nel decennio che va dalla metà degli anni ottanta a quella dei Novanta la rivista fiorentina “Religioni e società”, diretta da Arnaldo Nesti, ospitò una serie di interviste ad illustri rappresentanti della cultura e della

Cinque interviste, da Luzi a FortiniNel decennio che va dalla metà degli anni ottanta a quella dei Novanta la rivista fiorentina “Religioni e società”, diretta da Arnaldo Nesti, ospitò una serie di interviste ad illustri rappresentanti della cultura e della società civile, compresi alcuni alti prelati come l’arcivescovo di Firenze Silvano Piovanelli e monsignor Loris Capovilla, ben noto segretario di papa Giovanni XXIII. Le interviste erano molto ricche di riferimenti, di dibattiti, di riflessione storica, umana e individuale. Il sociologo Andrea Spini ne ha scelto cinque significative, tutte riferite a protagonisti della cultura nazionale, provenienti dal capoluogo toscano e tutti impegnati alacremente nel lungo arco di tempo che va dagli anni Trenta agli anni Sessanta-Settanta. Un periodo in cui gli scenari mutano radicalmente senso e dimensione del engagement, della letteratura, della storia, della politica, della religiosità. Firenze campeggia ovviamente nei ricordi cruciali di questi scrittori e studiosi, in particolare la Firenze fervida di eccezionali vivai di letteratura, di arte, di alti studi, sede di riviste diverse spesso in dissidio (“Solaria”. “Letteratura”, “Campo di Marte”, da una parte, “Il selvaggio”e “Il Frontespizio”dall’altra), di caffè famosi e generosi di presenze memorabili, come le Giubbe Rosse e Paskowski. Mario Luzi, Franco Fortini, Giorgio Spini, Eugenio Garin (il più giovane, il germanista Ferruccio Masini, non avendo tale esperienza) testimoniano il clima che si respirava sotto il fascismo e come riuscirono a sfuggire alla cappa opprimente di contrapposte limitazioni, che avevano da una parte lo stile becero del regime e dall’altra le pastoie di un accademismo conformista e dimentico di antichi lavori.
Ognuno a suo modo, gli intervistati espongono con quali strumenti riuscirono a mantenere saldi alcuni principi irrinunciabili, quanto fu ostico per Spini attraversare, per esempio, il confine del “ghetto” protestante a cui apparteneva la sua famiglia, o che cosa significò per Luzi essere cattolico nell’epoca riconciliativa dei Patti Lateranensi. Ciascuno scelse gli amici più consentanei e le “case” più ospitali (anche quella più rumorosa di Noventa), riversando nelle prime opere la testimonianza di un difficile passaggio d’anni e di una decisiva maturazione di coscienza. Tutti tennero alta la bandiera dei valori che non muoiono, quelli legati in modo privilegiato alla più pura tradizione cristiana (e c’è un filo rosso, agostiniano-pascaliano-protestante che collega il senso religioso alla viti di Spini, di Fortini, e anche di Luzi). Le risposte di Masini sono forse quelle più taglienti, quelle che affondano di più, col significato della “salvezza”, nello spirito martoriato del Novecento. Se ne trae una davvero salutare lezione morale, una ferma accettazione della propria tragica presenza nel mondo.
Data recensione: 17/01/2009
Testata Giornalistica: La Gazzetta del Mezzogiorno
Autore: Sergio D’Amaro