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Sulla copertina c’è una mannequin di carta, con gli abiti da ritagliare. Nel romanzo, un commissario televisivo di successo si interroga rivedendo il film della propria vita: Mi chiamo Other Berlina e sono quasi sicuro di essere

Sulla copertina c’è una mannequin di carta, con gli abiti da ritagliare. Nel romanzo, un commissario televisivo di successo si interroga rivedendo il film della propria vita: Mi chiamo Other Berlina e sono quasi sicuro di essere morto.
Tra finzione e il grande amore, con effetti comici e grotteschi, si dipana la riflessione di un “attore per caso”.
Tutta l’esistenza di Giuliano Parenti è caratterizzata da un’intensa attività teatrale, didattica e letteraria. Molte sue commedie sono state trasmesse dalla Rai sotto la direzione artistica di importanti nomi come Ruggero Jacobbi (La Draghignazza) o Andrea Camilleri (Etimologie, La banana con gli occhiali).
Oggi Parenti, grazie all’enorme esperienza di sceneggiatore che ha alle spalle, pubblica Per amore o per finta (pp. 200, euro 12), un ironico romanzo sul dramma di un attore che vive secondo copione anche la propria vita. Accolto nella collana «Biblioteca di Letteratura» fondata nel 2000 da Enzo Siciliano e recentemente riattivata dall’editore Mauro Pagliai, il libro propone una narrazione sottile, spumeggiante e allo stesso tempo amara sulla vicenda di Other Berlina, un commissario televisivo di grandissimo successo che, nell’ignoto e inquietante buio del coma in cui si trova, rimonta tutto il “girato” della sua vita fra ovvi timori e lucida ironia. Il regista delle sue fiction è molto abile: attinge le sue storie da quel che il pubblico desidera ed è pienamente soddisfatto quando le sue finzioni continuano a vivere nella realtà. Attore per caso, Other invece si lascia vivere, persino nella sua lunga relazione d’amore con la sorprendente Effy Mary, manager di una famosa linea di profumi. Ma anche questa storia, che percorre gran parte del libro come una simbolica chiave di lettura, rivela alla fine tutta la sua virtualità. La narrazione si muove su due binari paralleli e intersecanti: da un lato le riflessioni del protagonista sulla sua condizione e su quel che teme gli possa accadere e dall’altro le vicende del suo lasciarsi vivere, fino al riscatto finale fra effetti comici e grotteschi.
Data recensione: 11/10/2008
Testata Giornalistica: Il trillo del diavolo
Autore: Irene Gherardotti