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Si fa una fatica dannata a dire la verità quando qualcuno ci chiama a fare i conti con un passato scomodo. Se poi quel passato ha qualche cosa a che fare col fascismo, son dolori. Nel senso che non ti riesce dir

Esce l’intervista inedita del poeta sulla collaborazione con la rivista Frontespizio: «Non stava con il regime». Di parere opposto lo storico Spini: «Del tutto allineata»Si fa una fatica dannata a dire la verità quando qualcuno ci chiama a fare i conti con un passato scomodo. Se poi quel passato ha qualche cosa a che fare col fascismo, son dolori. Nel senso che non ti riesce dir con chiarezza: c’ero anch’io, e non dormivo. Ora, intendiamoci, il sublime poeta fiorentino Mario Luzi un fascistone non lo fu mai e quindi non ha nulla da farsi perdonare. Però, il suo piccolo tributo di simpatizzante lo diede.Ad esempio, sostenendo l’uso del “voi” in una testata più nera del nero come «Antieuropa» di Asvero Gravelli (novembre-dicembre 1939) e collaborando a «Primato», il fiore all’occhiello del colto gerarca Bottai. Comunque, torniamo a dirlo, rispetto ad altri “redenti” (che so, Scalfari o Bocca), Mario Luzi appare immacolato. Allora perché mai il poeta, quando rievoca le vicende del «Frontespizio», non dice le cose come stanno? E cioè non solo che la rivista fiorentina fu figlia dello spirito concordatario (il battesimo lo ricevette il 26 maggio del 1929, i Patti Lateranensi erano stati firmati l’11 febbraio di quell’anno) ma anche che, senza sbracare, indossò sempre la camicia nera? Agli intellettuali cattolici del «Frontespizio», Luzi compreso, non dispiaceva un regime che aveva rimesso il Crocefisso nelle scuole e i cui valori (al contrario di quelli liberali, democratici, massonici ecc.) non erano incompatibili con la dottrina della Chiesa. Nella testimonianza finora inedita rilasciata nel 1986 al direttore della neonata «Religioni e società», Arnaldo Nesti (la si legga, insieme alle interviste a Giorgio Spini, Franco Fortini, Ferruccio Masini, Eugenio Garin nel volume Conversazioni a Firenze, a cura di A.Spini, Pagliai Editore, pp. 138, euro 9, in libreria il 1° settembre), Luzi racconta stagioni ed anime della rivista, rievocando il fervore papista e antimoderno di Giuliotti, lo Strapaese tradizionalista di Papini e Soffici, il cattolicesimo ortodosso ma equilibrato di Bargellini, gli eroici furori fascio-cattolici di Barna Occhini, la tensione spirituale e artistica di Bo, Macrì, Betocchi. Amici che, insieme con Luzi, dieci anni dopo si ritroveranno sulle pagine di «Letteratura» e di «Campo di Marte». Ma torniamo al «Frontespizio»: bene, il poeta sostiene che sotto queste insegne “il fascismo esplicito non ci fu mai”. Quando, però, la rivista parve aprirsi troppo alle inquietudini del cattolicesimo europeo, ecco che ci furono dei “richiami”: “forse da parte del regime, forse da parte vaticana”. Così, si tornò ai “santi vecchi”: “in extremis arrivò Soffici” e il «Frontespizio» “prese a militare palesemente per il regime”. Mentre, ovviamente, Luzi sempre più si appartava, sempre più prendeva le distanze. In compagnia, ad esempio, di Carlo Bo. Alfiere – c’è bisogno di dirlo – dell’ermetismo (una forma di “opposizione”?) e di un cattolicesimo “problematico”. Ma – e questo Luzi non lo ricorda – vincitore anche dei super fascisti Littoriali della Cultura nel 1936.E tuttavia può ben essere che Bo non fosse fascista. Chissà che pena allora trovarsi accanto nel «Frontespizio» un tipo come Guido Manacorda che, nel novembre del ’35, scrive che “il fascismo è l’unico tra i governi del mondo ad aver rappacificato le coscienze cattoliche”, educando “una generazione alla purezza dei costumi e alla santità della fede”. E che dire del “moderato” Bargellini che scrisse: “Uomini come Mussolini non hanno nulla da chiedere ai Cesari, anche nel fisico, anche nella parola, anche nel gesto”?“Ma – dice Luzi – da quelle parti il fascismo esplicito non ci fu mai”: e Luzi è un uomo d’onore. E lo è anche Giorgio Spini, storico, antifascista, valdese, che, in un’intervista del 1995, ci racconta che lui e il suo gruppo di amici “protestanti” per radici familiari, per scelta o magari solo perché estranei al chiassoso clima littorio – Franco Fortini, Giampiero Carocci, Valentino Bucchi... – non avevano rapporti “neanche di scontro con la Firenze del «Frontespizio» e dei cattolici fascisti come Bargellini, Papini, Giuliotti”. “Noi non ci ponevamo nemmeno il problema”, aggiunge Spini, “tanto sentivamo di non aver nulla in comune”. E ancora: “Il «Frontespizio» era francamente fascista e basta rileggerlo”. Insomma non è che Spini faccia troppi distinguo.
Data recensione: 28/08/2008
Testata Giornalistica: Libero
Autore: Mario Bernardi Guardi