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Dopo la Liberazione, furono tanti gli intellettuali che andarono a bussare alla casa di Berto Ricci. Cosa volevano? Piangere insieme alla vedova il loro grande amico, il fascista volontario di guerra morto sul

Lo storico Paolo Buchignani racconta vita e opere delle camicie nere anarcoidi. Rifiutate dal regimeDopo la Liberazione, furono tanti gli intellettuali che andarono a bussare alla casa di Berto Ricci.Cosa volevano? Piangere insieme alla vedova il loro grande amico, il fascista volontario di guerra morto sul fronte africano nel febbraio 1941? Ricordare gli anni delle battaglie rivoluzionarie, che avevano visto Berto e quelli della sua banda farsi alfiere di un fascismo intransigente, anticapitalista e antiborghese, impegnato a lottare per la rivoluzione sociale e per l’impero? O magari volevano dirle: «Si faccia coraggio, signora, Berto non c’è più ma noi le siamo vicini»?. LETTERE SPARITENo. «Le lettere, le lettere, volevano le lettere – ha raccontato la vedova allo storico Paolo Buchignani –: quelle che nel Ventennio avevano scritto a mio marito».Roba che scottava, roba compromettente. E Berto che si era compromesso fino al punto di immolarsi alle ragioni della bella morte nella guerra fascista? Povero illuso peggio per lui!Nell’ultimo libro di Paolo Buchignani (Solleone di guerra. Racconti, prefazione di Carlo Lizzani, Mauro Pagliai Editore, pp. 271, euro14), il profilo del fondatore dell’Universale viene ridisegnato in poche, intense pagine. Lo storico lucchese torna infatti a una figura che gli è cara, protagonista di un suo saggio del ‘94 (Un fascismo impossibile.L’eresia di Berto Ricci nella cultura del Ventennio, Il Mulino). Stavolta, l’approccio scientifico, perché Buchignani sceglie la narrativa, decide di respirare umori ed emozioni, entrare nella mente e nel cuore del matematico-poeta fiorentino: un idealista, anarchico fino al ‘24, che si convertì alla rivoluzione in camicia nera, fondando una rivista (tra i collaboratori Montanelli e Bilenchi) che faceva paura a benpensanti e forcaioli.Mussolini la chiuse, ma volle che Berto diventasse una firma del “Popolo d’Italia”. E lui restò fedele al Duce. Tanto che nel ‘40 fece fuoco e fiamme per tornare in Africa da volontario. E qui morì, mitragliato da un aereo inglese. GALLIAN AL BANDOIn Bir Gandula, Buchignani condensa questa vita emozionante. Un’altra ne racconta nel Quaderno di Fra Tesauro. Stavolta l’eroe è Marcello Gallian: uno scrittore romano (e un altro eretico in camicia nera) che si fece riconoscere e ammirare per il suo genio visionario e fu salutato come uno tra gli intellettuali più promettenti della nuove leva “littoria”. Salvo poi cadere in disgrazia per la temerarietà con cui buttava in faccia a tutti le sue idee di fascista e sovversivo.Galliani finì con l’essere emarginato dal Regime e, nel dopoguerra, dai neo-antifascisti che, appena lo vedevano, svicolavano (l’ex fascistone Ungaretti in testa) quasi avessero scorto un gatto rognoso: e patì la fame, insieme alla famiglia, acconciandosi a mille mestieri pur di sopravvivere.Buchignani, che su Gallian e il sovversivismo intellettuale nero (con sfumature rosso fuoco) ha scritto in più occasioni (Marcello Gallian. La battaglia antiborghese di un fascista anarchico, Bonacci, 1984; Fascisti rossi, Mondadori, 1998; La rivoluzione in camicia nera. Dalle origini al 25 luglio 1943, Mondadori, 2006), torna sull’argomento con un taglio narrativo tra il lirico, l’epico e l’iperrealistico: quel che ci vuole per evocare un maledetto di valore, escluso dalle patrie lettere con accordo bipartisan. Perché Gallian è davvero un “cannibale”, e la sua prosa allucinata e rovente sgomenta le anime candide. GLI ESTREMISTIOnore a Buchignani che lo restituisce nudo e crudo, camicia nera inclusa. Tanto più che il nostro storico è tutt’altro che un nostalgico.Anzi, il suo archivio delle memorie ha un contrassegno antifascista e tante delle storie qui raccolte hanno protagonisti familiari, parenti, amici, una Lucchesia contadina ostile al Duce, che se la vide brutta la tempo della Marcia su Roma con in “neri” vittoriosi e scatenati e poi, dopo il ‘43, con gli imperversanti , spietati nazi. Buchignani spesso è stato un militante del Pci negli anni del “mantra” ossessivo “Fascisti carogne | Tornate nelle fogne!” (si legga Nel sole di Budapest). Comunque, con gli estremisti ha fatto i conti e allora, senza atteggiamenti da maestrino, ma rovistando nella storia per trarne dolorosa materia umana, ammonisce: attenti le passioni politiche totali bruciano, le furie ideologiche sono distruttive, il sogno del mondo nuovo può trasformarsi in un incubo. Che inghiotte puri e impuri.
Resta, però, l’impura, inopportuna domanda: vale la pena vivere senza sogni?
Data recensione: 16/07/2008
Testata Giornalistica: Libero
Autore: Mario Bernardi Guardi