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Vi è ormai troppa differenza fra la cultura di chi fa poesia e la cultura di chi dovrebbe leggerla, fra il consumismo del pubblico e l’inquietudine solitaria del poeta”. Parole annotate con cura meticolosa dalla Segretaria del Premio

“Vi è ormai troppa differenza fra la cultura di chi fa poesia e la cultura di chi dovrebbe leggerla, fra il consumismo del pubblico e l’inquietudine solitaria del poeta”. Parole annotate con cura meticolosa dalla Segretaria del Premio Viareggio. Parole di Giorgio Caproni, giurato storico, pronunciate a tarda notte, nel 1971, durante una delle solite passeggiate sul lungomare versiliese, tra un’infuocata riunione e l’altra della giuria. “Eravamo entrati nei difficili anni settanta - scrive oggi Gabriella Sobrino - e, senza sapere ancora cosa quel decennio avrebbe portato all’Italia, sentivamo un indefinito turbamento”. Sobrino, segretaria storica del Premio dal 1964, autrice di superbe liriche e prose, traduttrice di Flaubert e Joyce, a sua volta tradotta in Francia, Inghilterra, Usa, Argentina, Repubblica Ceca e Polonia, fedelissima amica di Leonida e Albertina Répaci e di tanti, tutti gli uomini e le donne che hanno reso grande la nostra letteratura novecentesca, regala alla Letteratura stessa un volume imperdibile: Storie del Premio Viareggio (Mauro Pagliai Editore). Anno dopo anno, dal 1956, quando conobbe Répaci ad una conferenza sul suo Fratelli Rupe (“...ammiravo il coraggio di quell’uomo che in pieno fascismo aveva esaltato le lotte dei contadini calabresi per il socialismo, dando voce a un sud disperato ma pronto a reagire con la passione del riscatto”, scrive Sobrino); anno dopo anno, in una prosa curata ed efficace che si scioglie attorno alla perfetta, equilibrata architettura dell’opera, Sobrino ricostruisce i tramonti e le albe, il sapore e l’odore della salsedine nel sole, i profumi dei biscotti nelle pause, i colori degli abiti eleganti di quelle meravigliose donne (tutte, a sentir lei) che accompagnavano, sostenevano, indispensabili figure di compagne e mogli raffinate nella mente quanto nei modi dei Grandi ospiti giurati e vincitori del Viareggio. Il racconto fila liscio per tutte le 322 pagine e non sai se stai leggendo un appassionante romanzo o una Storia, non ti poni il dubbio, continui a leggere senza sosta delle ire di “re” Leonida, del dolore di aver perso Roberto Longhi, del piacere di una chiacchierata con Anna Banti, del risottino allo champagne alla Bussola e del rossore trionfante di Ungaretti quando, su richiesta, ha letto versi a Mina, facendo rodere di invidia Montale. E ancora, delle notti di lavoro con Muzi Epifani “quando finalmente riuscivamo a mettere a letto i bambini che ci giravano attorno festosi come cuccioli nei loro pigiamini colorati”, dello choc, e dell’arrabbiatura collettiva che ne seguì, dopo il telegramma di Calvino - “scritto con inchiostro viperino” - che, alla vigilia della cerimonia, rifiutava il Premio per T con Zero perché “non se la sentiva di avallare con suo consenso istituzioni ormai svuotate di significato”. Leggi d’un fiato il dipanarsi denso di una Italia che cambia, anno dopo anno, Premio dopo Premio. Passi dal riconoscimento ad Alexandros Panagulis, eroe della Resitenza Greca, alle discussioni sulla candidatura di Silone, escluso, nonostante le polemiche, perché sospettato, e pare a ragion veduta, di esser stato informatore della polizia fascista, passando dal rifiuto possibile di Sartre per arrivare alla vittoria di Io non ho paura di Ammaniti... qualche volta guardando il Ponte Vecchio dalla finestra dell’appartamento di Giorgio Saviane, molte altre sorseggiando aperitivi da Canova, ascoltando discussioni d’arte con Giuliano Briganti, attraversando, insieme alla Sobrino e a centinaia e centinaia di personaggi chiave della cultura del mondo intero, le contestazioni del Sessantotto, gli anni dello stragismo, le guerre, le correnti letterarie, artistiche, sociali degli ultimi quarantanni. Gabriella Sobrino ci ha promesso un regalo. Ci concede un’intervista. Sul prossimo numero del Catone, dunque, la voce di una grande testimone e protagonista della cultura del secolo ventesimo.
Data recensione: 01/05/2008
Testata Giornalistica: Il Catone
Autore: ––